Un amaro Primo Maggio: la crisi economica ha colpito tutti.

Sembra di rivivere le crisi del 2008 e del 2013, quando parlare di lavoro e di Primo Maggio era considerato non solo fuori luogo, ma quasi una beffa.

La differenza tra le passate crisi e questa è che, in questo caso, l’Italia intera è colpita.

Mi spiego meglio: le crisi del 2008 e del 2013 hanno scoperto i punti deboli della nostra politica e della nostra economia, ma non ha intaccato tutti i lavoratori italiani come ha fatto questo virus.

Ad oggi, siamo tutti uniti nella crisi economica generata dal Covid-19, con alcune leggere differenze, ma solo alcuni rari settori non sono stati intaccati, tra cui l’IT, l’alimentare e il farmaceutico. E le previsioni in prospettiva non sono delle più rosee: se per questa estate potremmo avere una pausa grazie alle temperature miti che dovrebbero arrivare tra pochi giorni, non è detto che in autunno e in inverno saremo fuori emergenza.

Se questo virus segue il trend di una normale influenza, tenderà a ripresentarsi ogni qualvolta le temperature lo consentiranno, quindi, durante i mesi più freddi. E i mesi freddi sono lunghi, soprattutto al Nord, da sempre ruota motrice dell’economia italiana. Se quindi il Sud può sperare di continuare a lavorare con restrizioni, ma con una certa libertà anche nei mesi rigidi, ciò non si può dare per scontato al Nord. Ma se rallenta il Nord, rallentiamo tutti e il nostro PIL già risente del primo trimestre nero, con una diminuzione del 4,7%.

Facciamo meglio di altri Paesi europei (Francia chiude a -5,8%, Spagna a -5,2% e la Germania prevede una diminuzione del 6% circa), ma il debito pubblico non aiuta e non aiuta l’ultima valutazione del rating a BBB-, un gradino sopra la qualità di investimento bassa e alto rischio di insolvenza dei debiti.

Se dunque posso essere leggermente ottimista nel breve periodo considerando i mesi caldi, spero vivamente che il virus si ripresenti in forma più lieve durante l’autunno e l’inverno. Inoltre, l’occupazione non si comporta come il virus, nel senso che il Covid-19 non guarda in faccia l’età di chi colpisce, ma la crisi economica sì: con domani torneranno al lavoro circa 2 milioni di italiani, soprattutto over 50, mentre i giovani sono ancora una volta la categoria sociale più colpita. Perché è sbagliato equiparare tutti i lavoratori sotto un unico ombrello, come è sbagliato non tenere conto delle donne che lavorano, non tenere conto delle differenze di impiego tra statali e privati e non tenere conto di tanti imprenditori che minacciano di chiudere le loro attività.

E se proprio il governo vuole fare la differenza per i suoi cittadini, inizi a dare degli aiuti seri e a mettere standard di sicurezza fattibili: 600 euro non sono un aiuto, ma poco più che elemosina, e fare entrare una persona alla volta in un negozio o in un bar, mantenendo invariate tasse, bollette e affitti per lo stabile, sono un’altra beffa.

Così come esiste un comitato tecnico-scientifico per valutare come muoversi in ambito sanitario, bisognerebbe avere un comitato imprenditoriale per valutare cosa fare per le attività private. Tuttavia, la politica preferisce parlare politichese e disquisire sulla costituzionalità dei decreti piuttosto che delle vere emergenze.

Al solito, si preferisce perdersi in un bicchiere d’acqua e prendere ancora una volta in giro i lavoratori, sui quali, secondo la Costituzione, si basa questo Stato.

Martina Seppi

Immagine: Foto di Gerd Altmann da Pixabay

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