Il Var: lo strumento della discordia

Giunti alla pausa del campionato, con la metà più una delle 38 giornate della stagione giocata, è tempo di tirare le fila sull’utilizzo della novità di quest’anno: ci riferiamo al Var.

Acronimo di Video Assistent Referee, il Var (o la Var, che dir si voglia), è quell’agognata moviola in campo, da tempo invocata da tanti per calmare gli animi dei tifosi e garantire la regolarità dei campionati. Così bramata da taluni da diventare cavallo di battaglia di alcuni volti celebri, fra i quali spicca il recentemente scomparso e compianto Aldo Biscardi.

Introdotto con la Fifa Confederations Cup del 2016, il Var viene utilizzato da quest’anno nel nostro campionato, in quello tedesco, in FA Cup e dalla prossima stagione anche nella Liga. Fa il suo esordio in Serie A fin dal primo match della stagione in corso: Juventus – Cagliari, anticipo della prima giornata del campionato 2017/18. È il 37’ minuto quando Maresca viene richiamato all’attenzione dall’assistente Var per un contatto in area di rigore tra Alex Sandro e Duje Čop.

È il primo, storico, calcio di rigore assegnato dalla tecnologia in Italia.

Ma viene vanificato dall’errore dal dischetto di Diego Farias, che si lascia ipnotizzare dal sempreverde Gianluigi Buffon, alla sua trentesima parata dagli 11 metri. E fin qui, nulla quaestio. Decisione dell’arbitro ineccepibile.

Ma da quel momento in poi, saranno diversi gli interventi della moviola in campo e, a seguire, innumerevoli le polemiche legate al suo utilizzo.

Già nella stessa giornata, il Var è protagonista in Bologna – Torino. Il match termina col risultato di 1-1, ma avrebbe potuto riportare un diverso tabellino laddove l’arbitro Massa avesse convalidato la rete di Berenguer, annullata con l’ausilio della tecnologia per fuorigioco di Belotti, che assiste il compagno di squadra. Peccato, però, che l’off-side non ci sia, perché è Destro ad innescare l’azione che completa la rimonta della squadra ospite. Episodio non dissimile si verifica nella successiva giornata di campionato. Protagonista, ancora, è una torinese, con la Juventus che vede, nuovamente, assegnato un tiro dagli 11 metri a proprio carico allo stadio Luigi Ferraris. Il direttore di gara Banti punisce un contatto tra Rugani e Galabinov, che andrà a calciare. Questa volta, nulla può il capitano della nazionale. È 2-0. Ciò che non vedono gli occhi dell’assistente è la posizione di fuorigioco dello stesso attaccante genoano. Il risultato finale sarà di 2-4, grazie al quale non seguiranno eccessive recriminazioni da parte dei bianconeri. Nel prosieguo della stagione, senza entrare troppo nei dettagli, i presunti errori si sono susseguiti fino ad arrivare alle accese diatribe delle ultime settimane. La goccia che fa traboccare il vaso va in scena all’Olimpico di Roma, in un Lazio – Torino dell’11 dicembre scorso. Siamo nel finale di primo tempo e il match è ancora bloccato sul risultato di 0-0. In quel momento Immobile viene espulso per condotta violenta a danno di Burdisso, nel tentativo di incalzarlo ad ammettere l’errore arbitrale appena verificatosi. Il bomber laziale fa riferimento a tocco di mano di Iago Falque, propiziato da egli stesso, nella propria area di rigore. Nel caso di specie, il Var viene utilizzato esclusivamente per reprimere la condotta dell’attaccante laziale, senza procedere a ritroso nella visione del fallo che ha dato origine alla lite. Il risultato finale che, per usare un eufemismo, non renderà contenti i biancocelesti e soprattutto Simone Inzaghi, sarà di 1-3. Le polemiche non sono poi mancate in Crotone – Napoli, per tocco di mani di Mertens. Ma anche e soprattutto nel derby di Torino in Coppa Italia, vinto dai bianconeri per 2-0 e chiuso grazie alla rete di Mandžukić. Veementi le proteste da parte degli ospiti per un previo contrasto fra Khedira ed Acquah, giudicato regolare da Doveri anche dopo la visione al monitor.

Giunti, così, all’ultimo posticipo prima della sosta, e quasi nel segno del destino, dato che l’incontro di cui trattasi è proprio Cagliari – Juventus, partita di ritorno match d’esordio del Var, gli animi si fanno del tutto infuocati. Ad arbitrare è Gianpaolo Calvarese, unico direttore di gara, assieme ad Irrati, a non aver mai fatto uso del Var. E non si smentisce neanche questa volta.

Celeberrima, ormai, la gomitata di Benatia a danno di Pavoletti, che dà il via all’azione che porta al vantaggio bianconero. Per non parlare del tocco con il braccio di Bernardeschi su cross di Padoin. Ma nel primo caso, il fischietto abruzzese concede il vantaggio ai padroni di casa, dilapidato da Farias come il rigore dell’andata. Nel secondo, invece, l’arbitro non va ad attenzionare l’episodio al monitor, sul quale anche Banti, assistente al Var, non ne nutre particolari dubbi di liceità.

Al giro di boa, i dati riportati nell’incontro tra i vertici arbitrali e i tecnici di Serie A, parlano di ben 1078 interventi, con una media di 5,1 a partita, la maggior parte dei quali costituisce silent check. A sorprendere, però, è il numero di decisioni che costituirebbero errori: solo l’1%. In particolare, 60 sono le correzioni eseguite tramite Var, di cui solamente 7 che si qualificherebbero come erronee.

La domanda, a questo punto, sorge spontanea: perché, nonostante anni di proclami, tuttora le polemiche non si sono spente, e anzi sono più accese che mai? Forse la risposta corretta, che secondo il principio del rasoio di Occam solitamente è anche quella più semplice, non può che essere quanto segue.

Ciò che da sempre manca in Italia è una vera cultura sportiva.

Troppe le accuse di ruberie che vengono lanciate da una parte e dall’altra, troppi gli arbitri vessati di essere in mala fede, eccessiva l’enfatizzazione della cosiddetta sudditanza psicologica. Stando così le cose, le conclusioni cui può pervenirsi, come promesso in apertura di articolo, è che allo stato attuale della situazione il Var ha fallito in uno dei due scopi per i quali è stato ideato: quello di gettare acqua sul fuoco nei post-partita. Tuttavia, c’è da chiedersi se sia mai stato possibile raggiungere questo anelito. Una vetta talmente ardua da scalare da porsi quasi come un’utopia, come una chimera. Sull’altro fronte, quello di garantire la regolarità dei campionati, c’è da porsi la domanda se questa sia mai stata effettivamente messa in discussione dai tradizionali metodi di arbitraggio, a scapito dei tanti detrattori sull’onestà del settore.

Il Var rimane, comunque, uno strumento ancora in fase sperimentale, passibile, ci auguriamo, esclusivamente di miglioramenti. Fare bilanci troppo presto e con un campione di dati così ridotto può risultare azzardato e semplicistico.

Lo stesso designatore arbitrale Rizzoli ammise, tornado sull’episodio di Genova, che si trattò di un errore dettato dall’inesperienza nell’utilizzo di uno strumento di così recente introduzione. Ad onor del vero, simili casi non si sono quasi più verificati. Non rimane che attendere gli sviluppi, rinviando ai posteri l’ardua sentenza. Auguriamoci che non sia più così necessaria la presenza della moviola in campo per godersi lo spettacolo e le emozioni che da decenni ci regala lo sport più bello e seguito al mondo.

 

Riccardo Ciriaco

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