Venezia 76: recensione del film “Om det oändliga” di Roy Andersson

Om det oändliga

Regia: Roy Andersson
Produzione: Roy Andersson Film Produktion (Pernilla Sandström, Johan Carlsson), Essential Films (Philippe Bober), 4 1⁄2 Fiksjon (Håkon Øverås)
Durata: 76’
Lingua: svedese
Paesi: Svezia, Germania, Norvegia
Interpreti: Jan-Eje Ferling, Martin Serner, Bengt Bergius, Tatiana Delaunay, Anders Hellström, Thore Flygel
Sceneggiatura: Roy Andersson
Fotografia: Gergely Pelos
Montaggio: Johan Carlsson, Kalle Boman, Roy Andersson
Scenografia: Studio 24
Costumi: Julia Tegström, Isabel Sjöstrand, Sandra Parment
Suono: Robert Hefter

Una riflessione sulla vita umana in tutta la sua bellezza e crudeltà, splendore e banalità. Trasportati in un sogno, siamo guidati dalla gentile voce narrante di una Sherazad. Momenti irrilevanti assumono lo stesso significato degli eventi storici: una coppia fluttua su una Colonia devastata dalla guerra; mentre accompagna la figlia a una festa di compleanno, un padre si ferma per allacciarle le scarpe sotto una pioggia battente; ragazze adolescenti ballano all’esterno di un caffè; un esercito sconfitto marcia verso un campo di prigionia. Ode e lamento al tempo stesso, Om det oändliga è un caleidoscopio di tutto ciò che è eternamente umano, una storia infinita sulla vulnerabilità dell’esistenza.

Credits: Lorenzo Mattotti per La Biennale di Venezia

Recensione

Om det oändliga: sull’infinito. Questo il significato del titolo dell’opera. Infinito come infiniti, collegati e imprescindibili sono i legami tra le persone e le loro azioni. Infiniti come i dubbi, le paure e le ambizioni che si vivono. Infiniti come i sentimenti che fanno parte di ogni essere umano.

La scena si apre con due persone, un uomo e una donna. Guardano la città in lontananza e la donna pronuncia le seguenti parole: “è già settembre.”

Una voce femminile guida lo spettatore in ciò che osserva e ci racconta cosa ogni scena sta per mettere in atto.

  • Un uomo vuole preparare a sua moglie un buon pranzo e per questo si trascina dietro le buste della spesa, ansimando per le scale. Incontra un suo vecchio compagno di scuola che non ricambia il suo saluto. “Ho capito perché, una volta l’ho ferito profondamente”.
  • Un cameriere attende che l’ospite smetta di leggere il suo giornale per comunicargli se il vino va bene o meno. Rimane immobile finché non è il cliente a distogliere lo sguardo dal giornale, per poi, tuttavia, ricominciare a leggerlo poco dopo. Il vino sarà versato anche sulla tovaglia: il cliente non ha comunicato al cameriere quando la misura da bere era colma per le sue egisenze.
  • Una donna, un’amministratrice delegata, non è capace di provare vergogna.
  • Un uomo non si fida delle banche e dorme sotto un materasso pieno di soldi.
  • Un prete ha perduto la fede e si rivolge al medico, non comprendendo che per lui non c’è speranza.
  • Un ragazzo non ha ancora incontrato l’amore.
  • Un uomo è caduto su una mina, ha perso le gambe, è triste e suona, chiedendo l’elemosina.
  • Un bambino viene fotografato dalla nonna.
  • Due genitori hanno perso il figlio in guerra.
  • Due amanti aleggiano su una città conosciuta per la sua bellezza ma ormai distrutta.
  • Una donna crede che nessuno l’aspetti.
  • Una donna ama follemente lo champagne.
  • Un uomo si sbaglia.
  • Un uomo implora di non essere ucciso.
  • Tre ragazze ballano per strada.
  • Una donna ha un problema con una scarpa.
  • Un uomo ha ucciso la sua donna per difendere l’onore ma ora si è pentito.
  • Un uomo dice di amare una donna ma la picchia per gelosia.
  • Un ragazzo studia e ripete ad un’altra ragazza ciò che impara.
  • Un uomo vuole conquistare il mondo ma fallisce. È Adolf Hitler.
  • Una bambina e il suo papà vanno ad una festa di compleanno ma piove molto.
  • Un dentista ha un problema che gli impedisce di lavorare serenamente.
  • Ad un uomo ha smesso di funzionare la macchina su una strada deserta.

L’opera è interamente caratterizzata dai colori freddi, dal silenzio dirompente e dall’immobilismo.

Alcune scene creano ilarità in sala ma la maggior parte di esse sono statiche e soporifere.

Il regista ci narra il ritratto dell’umanità ma lo fa in modo totalmente differente da come l’uomo vive realmente: le emozioni mancano rendendo il film noioso. Il grigiore della scena diventa tutt’uno con lo spettatore, lasciando il gelo.

“La tua energia e la mia energia non possono scomparire. Possono solo diventare qualcos’altro.”

Dov’è l’energia?

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