“Arkady” al Teatro Trastevere fino al 26 gennaio: “I sogni ti puliscono l’anima e non si possono scambiare con niente”

dal 23 al 26 gennaio 2018

ARKADY

di Giacomo Sette

diretto da Azzurra Lochi

musiche originali di Alice Giorgi e Ana Kusch

disegno luci di Pietro Frascaro

aiuto regia Giacomo Sette

grafica e locandina Beatrice Fonti

responsabile stampa compagnia Chiara Preziosa

foto promozionali Giulia Castellano

con

Arkady: Giulio Clerici

Alina: Alice Giorgi

Papà: Simone Caporossi

Azazael: Ana Kusch

Arkady è un giovane camionista di origini moldavo-russe. La sua è una tratta molto particolare. Consegna tessuti a Le Havre (Francia) e Cabo de Roca (Portogallo), partendo da Taranto. Circa 40 ore di viaggio, con strettissime pause per mangiare e riposare. Il suo viaggio descrive un triangolo perfetto per l’Europa Occidentale. Ma Arkady avrebbe voluto fare il poeta e, soprattutto, è terrorizzato dalla prospettiva di un colpo di sonno. Il Sonno è il suo grande nemico. Per vincere la paura e superare indenne il suo viaggio, Arkady parla da solo. Lo troviamo che parla delle fatiche affrontate per corteggiare e conquistare Alina, laureanda in Storia Contemporanea con una tesi sulla nostalgia dei russi per l’Unione Sovietica. La personalità chiusa e incerta di Arkady incontra non poche difficoltà nell’impresa. Ad aiutarlo ed ostacolarlo ci sono suo Padre, (un ex dissidente sovietico, costretto alla miseria e all’emigrazione dopo la caduta del muro di Berlino), e una misteriosa ragazza, Azazael, narratrice onnisciente. Personaggi reali o semplici proiezioni? In un abitacolo sempre più simile alla mente di chi lo guida tutto è possibile: i piani e i temi si confondono, le voci si accumulano e la strada va, inesorabile. Con il Sonno. Davanti ad Arkady un bivio: la consegna precisa e puntuale dei tessuti o il volo meraviglioso nel paradiso dei camion? La strada da scegliere è tutta qui: chiudere gli occhi, o no.

Recensione

Un viaggio di 60 ore per raggiungere tre destinazioni differenti: Taranto – Le Havre  – Capo de Roca e nuovamente Taranto.

Un viaggio in solitaria, tra pensieri e ricordi: un obiettivo, non addormentarsi, non consentire alla noia e quindi al sonno di prendere il sopravvento.

“Ho paura ogni giorno di addormentarmi perché mi annoio. Il silenzio mi fa paura e io parlo.”

Arkady ha un mondo interiore popolato di emozioni; emozioni che si palesano sul palco attraverso il coinvolgimento di tre figure; esse rappresentano talune volte la sua voce interiore, i suoi pensieri ed altre volte personaggi reali, non presenti materialmente ma parvenza di ricordo (il padre, la ragazza desiderata).

Alina, fanciulla a cui dedica i suoi principali pensieri, è la fonte di distrazione, colei che consente ad Arkady di proiettarsi in un presente differente; lungo il viaggio racconta il primo incontro, l’imbarazzo dettato dal non conoscersi, la voglia di baciarla e la titubanza nel farlo. Attraverso Alina narra la vita del padre, costretto ad emigrare in Italia, a causa della perdita del lavoro e la sua fanciullezza, dettata dalle favole che il genitore raccontava.

“Se da piccolo mi chiedevano cosa vuoi fare da grande io rispondevo il poeta e il bagno nel fiume”.

Sul palcoscenico viene proiettata la vita di un uomo, con i suoi dolori e le sue malinconie; una vita costretta al sacrificio ed a un lavoro non amato. Una vita che, tuttavia, non impedisce ad Arkady di sognare e di avere una ricchezza interiore tale da non inaridirgli il cuore.

“I sogni ti puliscono l’anima e non si possono scambiare con niente.”

Gli attori sono straordinariamente bravi, riescono ad abbracciare il pubblico e a vivere il palcoscenico senza nessuna scenografia intorno: la musica, la voce, la gestualità rendono lo spettacolo eccelso e meritevole di essere visto!

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