Cyberbullismo: la nuova sfida del web 2.0!
Nell’epoca della generazione social, laddove il mondo irreale si sta sovrapponendo a quello reale, bisogna tutelare chi fa un uso inconsapevole della rete ed è in balia di chi lo utilizza in modo improprio.
Potremmo scrivere un elenco infinito di vantaggi e privilegi di cui disponiamo grazie all’avvento del web. Eppure uno strumento così prezioso, per chiunque indispensabile, può rilevarsi distruttivo, e una delle conseguenze più drammatiche che porta con sé è il cyberbullismo.
Per cyberbullismo si intende l’uso delle nuove tecnologie, in particolar modo di internet, allo scopo di intimorire ed emarginare altre persone.
Tale fenomeno è stato accentuato in seguito all’affermarsi dei nuovi media, specialmente i social media, dove più frequentemente avviene e colpisce soprattutto gli adolescenti, i deboli, solitamente quelli con difficoltà relazionali. Non vengono risparmiate nemmeno le celebrità; ultimamente è toccato alla campionessa paraolimpica Bebe Vio difendersi.
Il cyberbullismo viene considerato un’evoluzione del bullismo tradizionale, ma pur condividendo con esso alcune caratteristiche i due fenomeni si differenziano per molti aspetti. Innanzitutto il fatto che questa nuova forma di bullismo avvenga attraverso i dispositivi di comunicazione fa sì che le vittime non si sentano mai completamente “al sicuro”, essendo perseguitate ovunque e in qualsiasi momento.
Inoltre la pervasività della rete e la possibilità di mantenere l’anonimato rende particolarmente difficile risalire ai colpevoli. In questo caso risulta necessario rivolgersi alla polizia postale.
L’attenzione al cyberbullismo è cresciuta soprattutto in seguito alla pubblicazione di alcuni dati a riguardo. Da un dossier stilato dal Telefono Azzurro, infatti, risulta che dal 2015 al 2016 sono stati gestiti in totale 270 casi di cyberbullismo, circa un caso al giorno. Il 56% di essi riguarda il Nord Italia e nel 70% dei casi le vittime sono ragazze, per lo più adolescenti, ma negli ultimi anni l’età media si sta abbassando: ricerche recenti, infatti, riportano che 1 richiesta su 2 coinvolge preadolescenti.
Inoltre episodi di cyberbullismo hanno serie conseguenze psicologiche per le vittime. Il 30% di esse, infatti, mette in atto comportamenti di autolesionismo, mentre il 10% avrebbe pensato o tentato il suicidio. Le difficoltà emotive possono continuare anche in età adulta producendo risultati negativi a lungo termine, come bassa autostima, scarso valore di sé e una maggiore tendenza alla depressione.
La situazione è aggravata dal fatto che le vittime normalmente non trovano subito il coraggio di confidarsi, molto spesso per vergogna o timore. Considerando tali dati risulta dunque necessario un intervento tempestivo.
È per questo che sono sorte numerose iniziative, la maggior parte delle quali nata proprio tra i banchi di scuola, laddove si manifestano le più alte percentuali di bullismo.
Tra queste merita di essere ricordato “MaBasta” (movimento antibullismo animato da studenti adolescenti), nato nel 2016 dall’idea di alcuni studenti dell’Istituto Galilei Costa di Lecce e rivolto sia alle vittime di bullismo che ai bulli, ritenuti come la categoria che necessita maggiormente di aiuto.
Si sta tentando di disciplinare il cyberbullismo anche dal punto di vista giuridico: dopo una serie di manovre, infatti, lo scorso gennaio il disegno di legge contro il cyberbullismo e a tutela dei minori è stato approvato dal Senato ed è passato in quarta lettura alla Camera.
Anche l’Unione Europea non è rimasta indifferente, agendo con diverse direttive e iniziative; la più recente è la Rete Europa Anti-bullismo, che vede il coinvolgimento di 17 organizzazioni provenienti da 13 Paesi dell’Unione Europea (di cui 4 italiane), istituita con lo scopo di coordinare azioni ed interventi anti-bullismo a livello europeo.
Un fenomeno, dunque, da non sottovalutare, contro il quale si sta facendo molto, ma forse non abbastanza, soprattutto data l’impossibilità di controllare ogni movimento sul web.