Dove ci spinge la società? Il caso studio dei Fridays for Future

Venerdì 15 marzo si è tenuto lo sciopero mondiale per il futuro del nostro pianeta, il famoso Friday for Future che ha visto Milano pioniera europea del progetto con 100 mila presenze nella città per protestare pacificamente in merito all’emergenza climatica.

Un’emergenza che spesso non è considerata tale come ha ricordato l’attivista e ideatrice dei Fridays for Future Greta Thunberg davanti ai maggiori rappresentanti della politica europea. Il senso di emergenza non viene abbastanza sponsorizzato quando si tratta delle questioni climatiche, troppo spesso taggate come minacce non immediatamente preoccupanti o ancora peggio inesistenti. Da notare anche le accuse rivolte alla giovane attivista: dalla presunta ipocrisia ad un tentativo di rilanciare la carriera della madre, ex cantante e ora scrittrice. Bisogna presupporre che queste accuse provengono da fonti di ampissimo respiro come i social network e quindi potenzialmente inaffidabili e frutto invece di una grande invidia nei confronti di qualcuno che usa il cervello non per ornamento ma per cercare di cambiare le cose.

Secondo l’accusa di ipocrisia, Greta non sarebbe altro che un’attrice manipolata per far parlare di sé e avrebbe trovato nel problema climatico il miglior spunto mediatico per riuscire nel suo intento. E’ interessante dunque notare come la nostra società sia disposta a tutto pur di distruggere anche i più innocenti ideali o personaggi. E’ possibile che siamo diventati così circospetti e scettici da non riconoscere un intento onesto quando lo vediamo?

Questa particolare accusa mi ha in effetti richiamato alla memoria un incontro a cui avevo partecipato riguardo alla questione dell’Autonomia Trentina e Alto Atesina qualche settimana fa. Durante la suddetta occasione, il relatore aveva accentuato il ruolo della società nella cultura di una determinata era. Negli anni in cui Alcide De Gasperi si stava formando al liceo e successivamente all’Università avvertiva il senso civico di interessarsi della “res publica” come bisogno e missione personale per poter dare il proprio contributo nella costruzione di una società migliore, non molto dissimile dalla spinta di impegno sociale che deve aver avvertito Greta quando si è fermata davanti al Parlamento svedese con la scritta “Sciopero scolastico per il clima”. Tuttavia, De Gasperi era spinto verso la politica dall’intera società, nel senso che la società spronava le giovani menti all’impegno civico e ad alti ideali (basta pensare al contrasto ideologico tra socialisti e democristiani e liberali durante gli anni di studio di De Gasperi).

Da qui l’interrogativo fondamentale: dove ci spinge la società di oggi? Se i più scettici tenderebbero a snobbare la risposta con una superficiale indifferenza o con un totale velo di pessimismo in cui “homo homini lupus”, a quanto pare la sfera ottimista (e spesso giovane) del tessuto sociale emerge convinta che ci sia ancora la chiamata all’impegno politico e che le battaglie da combattere siano molteplici ed estremamente urgenti.

D’altronde lo sciopero come mezzo di protesta ha radici fondanti nella società occidentale e coloniale, basta pensare agli scioperi del lavoro voluti da Gandhi per liberare la sua India, o agli scioperi della fame di numerosi attivisti, giornalisti e pacifisti dovunque nel mondo. Essendo lo sciopero politico teoricamente pacifico per natura, non si poteva pensare a mezzo migliore per iniziare una (ahimè) lunga maratona verso il riconoscimento dell’emergenza climatica.

Martina Seppi

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