Europa, dove l’accoglienza è sinonimo d’invasione!

Chi è critico nei confronti dell’Europa e ne preferisce, forse, la fine piuttosto che la prosecuzione, quale alternativa propone? Il ritorno al passato, quando gli Stati erano gli uni contro gli altri e la pace era costantemente sul filo del rasoio? Una pace assicurata a suon di alleanze tra due o più Paesi, mossi da interessi egoistici? Domande queste alle quali dovrebbero saper rispondere, in modo concreto e costruttivo, quelle figure politiche apertamente antieuropeiste.

Se, da una parte, l’indebolimento dell’Europa non è mai stato tanto reale, dall’altra, non sembra sia possibile per ora aspettarci “un vento di cambiamento”. Le elezioni in Ungheria si sono concluse con l’ennesima vittoria del nazionalista e populista Viktor Orbàn. Un risultato preoccupante per la tenuta dello Stato di diritto, dopo che i giornalisti del canale di Stato Mtva hanno confessato di aver diffuso su tutti i canali televisivi i messaggi elettorali del partito di governo Fidesz, usando anche notizie false.

Quest’ultime sarebbero state sfruttate per mettere in cattiva luce i migranti e i richiedenti asilo, sui quali Orbàn ha puntato molto durante la campagna elettorale. Prima del voto, molti giornalisti ungheresi hanno raccontato di aver ricevuto in redazione delle vere e proprie direttive, nelle quali si chiedeva che nei telegiornali fossero trasmesse le vecchie immagini degli scontri tra la polizia e i migranti ai confini con la Serbia o quelle dei profughi a Budapest nel 2015. Al canale di Stato sembra sia stato inoltre chiesto di parlare degli attacchi terroristici avvenuti in Europa e di diffondere la paura di un’invasione dei migranti. Nonostante l’ufficio del primo ministro abbia smentito qualsiasi forma di pressione sui giornali, le tv e le radio, il giorno successivo alle elezioni il quotidiano di opposizione, Magyar Nemzet, ha chiuso i battenti.

A quanto accaduto in Ungheria, si aggiunge l’intenzione dell’Austria di chiudere le frontiere, inasprendo i controlli. A preoccupare gli austriaci, forse, quanto sta accadendo a Ovest, al confine tra Italia e Francia, perché è un dato di fatto che, negli ultimi cinque anni, le rotte dei migranti siano cambiate repentinamente.

Tra il 2014 e il 2015, infatti, l’Europa è stata costretta a fare i conti con il massiccio flusso di migranti sulla rotta dei Balcani, mentre altri profughi oggi tentano di attraversare il confine francese, non più passando per Ventimiglia, ma per Bardonecchia. La Val di Susa è diventato dunque il nuovo punto di transito per molti migranti che non vogliono restare in Italia o ai quali il nostro Paese non riconosce la protezione internazionale e che preferiscono raggiungere la Francia. Si tratta di nordafricani, maliani, senegalesi, ivoriani, nigeriani che, conoscendo già la lingua o avendo dei familiari al di là delle Alpi, hanno maggiori possibilità d’integrazione. Questi però vengono respinti alle frontiere francesi e rispediti in Italia.

La rotta che passa per Bardonecchia è difficile e pericolosa, soprattutto per chi non ha mai affrontato la neve e le temperature estremamente rigide delle Alpi, e per di più, senza le attrezzature necessarie. Il tragitto che porta in Francia è lungo oltre 30 chilometri e per raggiungere il confine bisogna arrivare a 1900 metri d’altezza.

Il paradosso creato da alcune leggi, l’assenza delle istituzioni e gli interessi di sicurezza dei Paesi europei contribuiscono al verificarsi di tragedie e persino di incidenti diplomatici, come quelli avvenuti nei giorni scorsi. Cinque gendarmi francesi hanno fatto irruzione nei locali dell’associazione umanitaria Rainbows4Africa, costringendo un medico a sottoporre un ragazzo nigeriano, fermato al confine, a un test delle urine. E senza avvertire le autorità italiane. Un episodio che dimostra, non solo, la mancanza di una cooperazione costruttiva tra i Paesi europei, vitale per gestire al meglio i flussi migratori, ma anche, la violazione dei più elementari diritti.

Sempre a Bardonecchia, circa due settimane fa, una donna di nazionalità nigeriana, identificata e fermata al confine dai gendarmi francesi, è stata abbandonata come un pacco nei pressi della stazione Fs, nonostante fosse in stato di gravidanza. La donna, che era già in condizioni di salute critiche, è stata trasportata in ospedale dagli operatori della Ong Rainbows4Africa, dove è morta dopo aver dato alla luce il bambino.

La deliberata irruzione dei gendarmi francesi nei locali della Ong a Bardonecchia ha fatto scoppiare una (quasi) crisi diplomatica tra Italia e Francia. Sebbene i francesi si difendano, richiamando l’accordo sugli uffici di controllo transfrontaliero del 1990, i magistrati italiani hanno deciso di aprire un’inchiesta.

La paura del migrante in Europa sembra diffondersi a macchia d’olio. E sia le false promesse di Macron che lo stallo politico nel nostro Paese non aiutano. Preoccupa (o almeno dovrebbe) che il timore dello straniero si stia sempre più rafforzando. Lo dimostrano i risultati elettorali in tutta Europa e anche i temi che hanno caratterizzato le principali campagne elettorali. Come se fosse oramai radicata la percezione che non esistano altre vie, mentre l’accoglienza è vista come uno strumento per agevolare l’invasione. Punti cruciali grazie ai quali nazionalisti e populisti d’Europa hanno conquistato consenso.

Chiara Colangelo

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