Intervista a NÙMA: “può uscire dagli schemi solo chi non ha PAURA di starci dentro.”

È online, su YouTube, il video di “NARGHILÈ E BABÀ”, il nuovo singolo di NÙMA, prodotto da MZK Lab. Una riflessione sulla vita e sulla libertà, sull’appartenenza e sugli stereotipi.


Il cortometraggio, prodotto da MZK Lab con la regia di Jacopo Mancini, traduce in musica il senso più profondo della canzone: al centro, le migrazioni, che non sono rappresentate da un’immagine di cronaca ma dal viaggio immaginario di un uomo qualunque.
In una dimensione onirica, la cui fotografia non ha nulla da invidiare a produzioni più grandi, trova spazio il sogno, la gioia, ma anche l’ispirazione e la consapevolezza.

Nùma, all’anagrafe Lorenzo Pompili, nasce a Roma il 21 aprile 1996. Intraprende giovanissimo il suo percorso artistico scrivendo poesie in forma dialettale, attività alla quale unisce l’ascolto dei grandi cantautori italiani.
Per soddisfare il suo bisogno di musicare le parole, Nùma, inizia lo studio della chitarra, al quale aggiunge lezioni di canto e tastiera. Sviluppa quindi sonorità che si muovono tra il rock e il folk.
Nel 2014 Nùma raduna gli amici di sempre, con cui condivide il sogno della musica, e forma la band “The Hand”. Continua poi come solista con il nome Nùma, ma sempre supportato dalla band originaria, in un progetto discografico che punta a ritmi allegri, etnici, ipnotici, con temi adatti ad ogni età.

  • Buonasera Lorenzo. “Narghilè e Babà” è il tuo ultimo singolo, accompagnato dal video del regista Jacopo Mancini. Ci racconti come nasce?

Non amo molto allegare spiegazioni a ciò che faccio, anche perché a volte parto da una frase istintiva e non so dove voglio realmente arrivare.
Credo però che Narghilè e Babà sia a tutti gli effetti una lista di “problematiche” sociali, anche se elencate in maniera abbastanza ironica, della nostra penisola.
Queste ci accomunano tutti, in un unica “Italia”.
“Se tiro la coperta fino al mento c’è il rischio che si scopriranno i piedi, ma comunque sarò sempre io ad ammalarmi” 🙂

  • “Mare piatto è una calma apparente perché niente è poi quello che sembra” è una strofa del brano. Quanto credi che la società sia ancora legata a stereotipi e a idee preconcette che, tuttavia, non corrispondono a ciò che è realmente?

Io non so cosa sia reale, tuttavia, a volte sono in grado di capire cosa è giusto per me secondo il mio punto di vista.
A mio parere non bisognerebbe mai fidarsi dell’ovvio, partendo da sé stessi. Mettersi in discussione e chiedersi cosa pensiamo realmente. Anche se la risposta comporterebbe andare nel verso opposto della società. (Quel modello di società che si basa su concetti che qualcun’altro ha scelto per noi).

  • Nel video il protagonista, interpretato da Emilio Zozi, è un uomo qualunque che sogna di essere un migrante. Appare un anelito di libertà in un universo incasellato dagli obblighi e dalle convenzioni. Ti appartiene questa idea di libertà e cosa fai quando nella vita quotidiana vuoi divenire “altro da sé”?

La scelta del protagonista non è a caso. Bricco “Emilio” è un mio grandissimo amico, un giorno lo portai in studio e Jacopo notò in lui la persona giusta.
Forse perché Bricco conduce a tutti gli effetti una vita da migrante anche nella realtà.
Un migrante della società, come sono anche gli artisti, naufraghi persi fra le onde.
Libertà, credo sia direttamente proporzionale a consapevolezza, può uscire dagli schemi solo chi non ha PAURA di starci dentro.

  • Il disegno e la danza, nel video, consentono al protagonista di “fuggire con la mente”. L’arte può davvero aiutare l’uomo ad affrontare i suoi giorni?        

L’arte avvicina l’uomo a Dio. Nel senso che in quel momento si è creatori.
Io la uso come una finestra per affacciarmi in me stesso, prendo qualcosa (un pacchetto di vecchie emozioni, biglietti per il futuro, punti di vista) e la richiudo.
Non so se ci salva, di certo ci fa sentire meno soli.

Ph. Jacopo Mancini
  • Tu inizi scrivendo poesie in arte dialettale che riguardano il tuo paese, Sant’Oreste per, successivamente, dedicarti attivamente alla musica. Quali artisti e poeti ti hanno accompagnato nella vita, fino ad ora?

Mi sento molto vario negli ascolti, difficilmente trovo qualcosa che “non mi interessa” in ambito musicale.
Però stringendo il cerchio posso dire che come artisti mi ispiro molto a Rino Gaetano e Franco Battiato che avevano melodie e testi innovativi. Li accomuno molto all’ermetismo di Ungaretti.
Frasi brevi, dai contenuti enormi.

  • La comunità, soprattutto in questo momento, sembra essere per molti uno dei pochi mezzi per sopravvivere. Percepisci anche tu questa necessità o sei prevalentemente un solitario?

Dal mio panorama a S. Oreste di notte si vede tutta Roma. Mi perdo a guardare le sue luci e da lontano sembra un quadro con il cielo per cornice. Poi prendo la macchina e arrivo proprio lì. Tra un clacson che suona e qualche “li mortacci” mi rendo conto che dietro ogni luce che vedevo da lontano c’era una casa e in questa casa persone e ognuna con i suoi problemi, progetti, ideali.
Per questo preferisco guardarla da lontano, che immerso nel suo caos.

  • Dopo “Narghilè e Babà” hai già in cantiere un nuovo progetto?

Si, il 12 Giugno uscirà il prossimo video sul mio canale ufficiale Vevo e il brano sul canale Spotify intitolato “Quando saremo stanchi” sempre in collaborazione con Mzk di Formello.

  • Hai un grande sogno nel cassetto, uno di quelli quasi o del tutto “impossibili”?

Certo, non essere mai ricordo ma nitida emozione.

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