“Luci (ed ombre) della ribalta” di Leonardo Buttaroni: la recensione

Ph. Manuela Giusto

 

È in scena al Teatro de’ Servi fino al 24 ottobre lo spettacolo “Luci (ed ombre) della ribalta” di Jean – Paul Alègre, diretto da Leonardo Buttaroni e interpretato da Marco Zordan, Yaser Mohamed, Emiliano Morana, Ernenegildo Marciante.

L’opera, una girandola caotica di personaggi bizzarri, racconta, in chiave ironica e divertente, la fine del teatro, o almeno ciò che si pensa sia il suo termine.

2860: due astronauti partono da un tempo lontano per atterrare nel 2020, sulle assi di un palcoscenico. Portano con sé CZA, un robot comprato a buon mercato che dovrebbe aiutarli nell’analisi del periodo. Arrivano dal futuro per comprendere una sola cosa: perché il teatro è scomparso. È necessario, tuttavia, sbrigarsi per capire cosa è accaduto: ogni minuto nel passato corrisponde a 17 anni nel futuro.

Improvvisamente sopraggiunge il cambio scena: un voce narrante racconta gli elementi principali di un teatro, quali il costume, l’asticella, il proiettore, il tubetto di fondotinta, il sipario.

Luci (ed ombre) della ribalta Ph. Manuela Giusto

Con il cambio scena lo spettatore si ritrova tra le prove di un banale spettacolo. L’opera non è apprezzata dai suoi attori principali ma per l’interprete secondario acquista spessore e diviene un’occasione importante. Il gioco della finzione si manifesta e l’attore minore acquista sicurezza diventando altro e cambiando persino la sua voce.

Le scene si susseguono ed ecco che appaiono due attori: uno in carrozzina e uno in piedi. L’interpretazione, tuttavia, non si compie perché uno dei due trova scusanti per non recitare. Emerge la competizione e la necessità di dimostrare il proprio valore a discapito del testo e del senso.

“Luci (ed ombre) della ribalta” catapulta letteralmente lo spettatore in varie ambientazioni e storie che non hanno alcun punto di congiunzione se non quello di essere finzione.

Luci (ed ombre) della ribalta Ph. Manuela Giusto

La storia di un venditore di formaggio scambiato per un ballerino durante un programma televisivo o la bizzarra vicenda di un uomo che vuole suicidarsi in diretta convivono nello stesso spazio.

Tutto è messinscena e a volte anche disvalore: basti pensare all’importanza di una reclame per un ristorante che porta all’eliminazione delle scene principali.

Il mondo teatrale è messo in discussione, emergono le fragilità che lo attraversano. L’opera, con una rappresentazione grottesca e irreverente, non pretende di mostrare nient’altro che il suo visibile.

Giochi di parole, humour, scambi di persona, ribaltamenti di significato: nulla e tutto acquista senso in “Luci (ed ombre) della ribalta”.

Gli attori riescono ad essere veritieri nei loro ruoli, pur portando in scena l’estrosità di un mondo che appartiene a pochi o forse a nessuno: il teatro scomparso in una sera qualsiasi riuscirà a ritornare per essere nuovamente altro tempo e altro luogo?

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