Gli stupri di Rimini e Firenze come momento di crescita collettiva

L’ Italia è quel posto immune a qualunque tipo di evoluzione: da sempre e come sempre, le tragedie degli altri diventano pretesto per odiare il prossimo, come se l’unico modo per combattere il male sia dell’altro male e non una sana e rigorosa meditazione, un’occasione di crescita collettiva.

Mi sono trovato a leggere molti articoli riguardanti gli stupri di Rimini e Firenze, e non ho potuto non notare come alcuni dei più importanti quotidiani siano arrivati a rasentare il ridicolo, pur di restare fedeli alla loro linea politica.

Il giornale ha addirittura insinuato che le due studentesse americane fossero coperte da “un’assicurazione antistupro”, senza sapere, probabilmente, che una vera e propria assicurazione antistupro non è mai esistita. D’altro canto, Il Fatto quotidiano, ha dal primo momento criticato la cautela con cui si sono svolte le indagini sui due carabinieri.  Un articolo, in particolare, si intitolava: ”Esistono stupri di Seria A e di Serie B?”. Ovviamente no, ma esistono contesti e situazioni diverse. Quando è la legge a delinquere, per quanto questo non sia il primo caso in cui ciò è accaduto, diventa comunque tutto più surreale, irragionevole; si fosse trattato di civili, ci si sarebbe scagliati contro con molta meno grazia, ne sono certo.

Per quanto riguarda gli stupri di Rimini, invece, non si sono fatti attendere i commenti dei razzisti e di quei politici che hanno colto subito la palla al balzo per spostare la discussione, da un caso isolato di violenza, al più complesso problema dell’immigrazione.

Invece io credo che i due fatti, commessi a pochi distanza l’uno dall’altro, debbano servirci da esempio: il male è una prerogativa umana, che trascende il colore della nostra pelle, il nostro ceto sociale e il mestiere che facciamo.

I due stupri, e soprattutto le reazioni che hanno suscitato, devono servirci a capire che è arrivato il momento di boicottare chi costantemente prova a dirottare l’opinione pubblica, mettendoci gli uni contro gli altri.

È arrivato il momento di dire basta a questa inutile ed eterna lotta fra “Rossi” e “Neri” e di catalogarci in compartimenti stagni. Non è “ACAB “che si dovrebbe dire alle forze dell’ordine; non è “negro di merda” che si dovrebbe dire ad un essere umano con una sensibilità ed un cuore esattamente uguali ai nostri.

Spinoza diceva: “riguardo le cose umane, non indignarsi, non deridere, ma comprendere”

E se proprio non riusciamo a comprendere certi gesti, proviamo quanto meno a portare rispetto per le vittime, per i loro familiari e anche per i familiari dei colpevoli, tutti sicuramente delusi dall’ennesima manifestazione del lato oscuro della natura umana, a piangere, a dare testate ai muri e a sperare che non arrivi domani.

Antonio Maria Di Cesare

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