Attentato in ospedale a Kabul: l’incubo del terrorismo continua.

Kabul

Come è risaputo, gli attentati sono normalmente condotti a discapito della popolazione civile, per colpire al cuore una nazione, infondere paura e mettere in crisi la dirigenza politica.

Il 12 maggio un gruppo di terroristi facenti capo all’Isis-Khorasan si è introdotto in un reparto natalità di un ospedale di Kabul, gestito in parte da Medici Senza Frontiere: le vittime sono state in prevalenza mamme e neonati.

L’ospedale è frequentato prevalentemente dalla minoranza hazara, presa di mira perché di credo sciita.

L’Isis-Khorasan è una fazione terroristica di stanza in Afghanistan, Pakistan, Tagikistan, Uzbekistan e Turkmenistan affiliata allo Stato Islamico e probabilmente anche legata ad Al-Qaeda.

Il focus dell’attacco era il viceministro della Sanità, giunto in ospedale a Kabul per una visita. Il quadro si aggrava ulteriormente considerando la progressiva ritirata americana dall’Afghanistan: la Casa Bianca ha annunciato che entro 14 mesi le truppe americane abbandoneranno definitivamente l’area dell’Afghanistan, esattamente come si sono progressivamente ritirati dal conflitto in Siria.

Il messaggio è, dunque, quello di un costante processo di ritiro delle forze armate americane in territori stranieri ostili che comportano un elevato rischio tattico e di ingaggio, con poche possibilità di utili per gli Stati Uniti.

La Casa Bianca di Trump ha intenzione di alleggerire i comandi militari in quelle zone a rischio che comportano un’elevata probabilità di perdite militari americane e di rivedere pesantemente i budget per le spese militari internazionali. Non è un caso, infatti, che, appena eletto, Trump abbia deciso di tagliare i fondi alla NATO e rivedere le tattiche di ingaggio a livello mondiale, per salvaguardare gli americani e l’ideologia “America First”.

Se da un lato è dovere di un Presidente proteggere i propri cittadini, dall’altro non ci si aspettava che l’America andasse prima in tutto il mondo ad espandere la propria rete di contatti e sorveglianza internazionale e poi decidesse di ignorare le conseguenza delle sue azioni. Dalla Seconda Guerra Mondiale in poi gli Stati Uniti hanno sempre fatto ricorso alle armi, spesso destabilizzando intere aree già a rischio, quindi, non ci si aspettava un dietro front così brusco e quasi menefreghista di fronte ai problemi che gli ingaggi militari americani hanno causato.

Gli Americani hanno lanciato i sassi e ora nascondono la mano.

Invece di sostenere le elite politiche afghane nella creazione di un trattato di pace, invece di aprire canali diplomatici tra Siria, Turchia e Russia per la risoluzione del conflitto decennale nella Stato siriano, invece di offrire supporto militare a protezione della popolazione civile, l’America di Trump volta le spalle. E il virus ha poco a che fare con queste decisioni: le precedenti mosse politico-militari di Trump fanno pensare ad un ritorno al protezionismo non solo economico ma anche politico.

Con le sue 13 vittime, questo attentato a Kabul dovrebbe lanciare un campanello d’allarme al Pentagono e all’Europa e far capire che la situazione in Afghanistan non è da sottovalutare e che il Paese ha ancora una lunga strada da percorrere verso la pace.

Martina Seppi

Immagine: Foto di chiplanay da Pixabay

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