Continuano le proteste in difesa della Casa Internazionale delle Donne. Oggi in piazza all’Esquilino: la Casa siamo tutte.

Il controsenso di un’amministrazione che nella propria campagna elettorale ha portato avanti quell’idea innovativa di nuova forza che scende in campo per rompere i vecchi schemi di potere e finisce invece con lo sprofondare in quanto di più di tradizionale possibile, nella gestione del patrimonio e dell’intervento pubblico.

La Sindaca ha in uggia la parola “chiusura” e si affretta a scrivere che la decisione presa da questa amministrazione non è quella di chiudere la Casa delle Donne né procedere con lo sgombero ma l’intento è quello di rilanciare il progetto attualizzandolo rispetto alle mutate condizioni socio-economiche, urbanistiche e demografiche di Roma. Se alla Sindaca chiusura non piace, utilizzeremo un verbo differente ostacolare, che forse è anche peggio.

La storia delle femministe è stata fin dalla notte dei tempi caratterizzata da ostacoli:  non se ne faccia un guazzabuglio di lamenti triti e ritriti sulla discriminazione di genere, sul divario salariale, molestie sessuali e sessiste sul lavoro, sui diritti negati, perché è chiaro che siano cliché altamente superati e surrealisti e lo dimostrano chiaramente quei manifesti a lutto di poche settimane fa affissi su alcune plance di Roma Capitale, negli spazi pubblicitari gestiti da privati, nei quali leggiamo che l’aborto è la prima causa di femminicidio nel mondo. Al di là dell’ironia, la triste realtà è che l’autodeterminazione delle donne è ancora purtroppo un miraggio e che dall’ottocento ad oggi saranno cambiati certamente i piani di dibattito ma gli ostacoli sono sempre della stessa natura. Sono trascorsi quarant’anni dalla legge 194 del 1978, la legge che depenalizza l’aborto in Italia ottenuta grazie a lotte di donne che hanno combattuto per affermare i propri diritti e grazie ad esse oggi quei diritti sono anche i nostri.  Che cosa passerà alla storia? Che un Sindaco donna ha apertamente dichiarato guerra ad uno dei luoghi storici del movimento femminista? Da settimane l’appello delle attiviste è che ne venga riconosciuta l’autonomia e l’autodeterminazione poiché la Casa Internazionale è un centro nevralgico della città, all’interno del quale generazioni di donne hanno fatto della Casa un luogo di ricerca, cultura, informazione e sostegno aperto a tutti. All’interno della biblioteca del palazzo dell’ex convento del Buon Pastore si ha la possibilità non solo di consultare l’archivio sul femminismo ma di parlare direttamente con quelle che sono le protagoniste di alcune battaglie per l’autodeterminazione femminile che hanno segnato la storia del femminismo degli ultimi cinquant’anni.  La Casa però non è solo e semplicemente simbolo del femminismo ma ivi si può concretamente prendere parte e tutte le iniziative che vi si svolgono e tutti gli eventi culturali proposti ma soprattutto il centro offre assistenza, consulenza legale e psicologica, offre la possibilità di confronto tra il gentil sesso. A colpire è certamente il controsenso di un’amministrazione che nella propria campagna elettorale ha portato avanti quell’idea innovativa di nuova forza che scende in campo per rompere i vecchi schemi di potere e finisce invece con lo sprofondare in quanto di più di tradizionale possibile, nella gestione del patrimonio e dell’intervento pubblico. Le manifestazioni che si protraggono da settimane e che hanno visto protagonisti oltre le attiviste della Casa, attori, Regione, schiera di cittadini, non sembrano volersi arrestare,  oggi infatti in piazza dell’Esquilino alle 17 vi è stata una nuova manifestazione volta a “difendere la libertà delle donne e la Casa Internazionale delle donne, simbolo delle battaglie femministe a Roma, minacciata di chiusura”. 

La Raggi non potrà ignorare ancora a lungo la volontà dei cittadini che hanno coadiuvato alla sua elezione a primo Sindaco donna di Roma.

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