Disco Club Paradiso: “noi ragazzi di periferia con il sogno della musica” – INTERVISTA

Disco Club Paradiso
I Disco Club Paradiso ritornano sulla scena musicale con il brano “Tuttapposto”. Il singolo esplora il tema dello stereotipo del provinciale, una figura che, dalla periferia, guarda alla grande città, sognando una vita diversa e cercando di cambiare il proprio destino. “Tuttapposto” racconta di un sogno fatto di piccole speranze, tra le quali emerge il desiderio di farcela nonostante le difficoltà.
I Disco Club Paradiso fondono nei loro brani sonorità pop, elettroniche e funky, ispirandosi alla disco music degli anni ’70 e ’80. Con un sound energico e coinvolgente, la band crea atmosfere uniche che trasportano il pubblico in un viaggio musicale senza tempo.
Il gruppo è formati da: Leonardo Bergonzini, cantante classe 2000 nato a San Giovanni in Persiceto, autore della musica e dei testi (Leo Bi); Giacomo Semenzato (Jacky Sax) sassofonista della band e polistrumentista, nato a Cento, classe 1999, iscritto attualmente al conservatorio di Rovigo; Simone Murineddu (Murri) chitarrista classe 2001, nato a Crevalcore.
La band nasce tra i banchi di scuola a partire dalla collaborazione tra Jacky Sax e Leo Bi, compagni di classe per i 5 anni delle superiori. Dopo i primi live, alla formazione a 2 si unisce quasi subito il chitarrista Murri. Nel 2022 partecipano ad X Factor Italia. Nel 2024 il loro primo album “Come smettere con l’università”. Dopo un anno di creazione e concerti, “Tuttapposto” è il loro nuovo punto di inizio.
Intervista ai Disco Club Paradiso a cura di Miriam Bocchino
- “Tuttaposto” è il vostro nuovo singolo, disponibile dall’11 aprile. Come nasce?
Leonardo – Nasce dalla voglia di fare un brano un po’ a ‘buca timpano’. Siamo arrivati in studio con il produttore Gianmarco Grande a Milano e lui aveva già in mente un’idea di suono, non c’era ancora il pezzo, ma c’era un bpm, un giro armonico.
Siamo andati a ‘cavare’ fuori i ricordi di periferia, perché noi siamo dei ragazzi di periferia. Il testo inizia con ‘andrei all’eredità, però non dirlo a nessuno, che non ho piano A, ed è una vita che ho già dimenticato il futuro’, che è esattamente la sensazione che provavo mentre mangiavo a casa di mia nonna e in tv c’era l’eredità, il momento della ghigliottina. Per me quell’immagine lì è sempre stata il disincanto della periferia che si scontra con la realtà, a qualcuno gli va bene, a qualcuno gli va male.
“Tuttaposto” è il mood da periferia. Sei in un bar, c’è da chiacchierare, parli, sei contento, ci sono i problemi però è tutto a posto finché se ne parla.
Il testo è stato scritto anche da Adel. Il brano nasce dalla voglia di parlare di periferia, di tutto ciò che ci è rimasto a cuore, soprattutto da quando abbiamo iniziato a vedere le grandi città.
- La ghigliottina potrebbe essere immagine della realtà e di ciò che accade, molte cose dipendono solo dal fato.
Leonardo – Esattamente. In periferia pensi ‘io posso essere qualsiasi cosa’, ma non hai degli esempi concreti con cui rapportarti. I tuoi sogni non hanno limiti perché non hanno un confronto reale.
- Ma alcuni aspetti non possono essere anche solo stereotipi?
Leonardo – Sì, è totalmente uno stereotipo questa canzone. È lo stereotipo che ti aiuta a sopravvivere in periferia. Noi ci stiamo accorgendo che crescendo le opzioni sono due: o decostruisci lo stereotipo o ti aggrappi e gli dici ‘grazie perché mi hai regalato un’identità’. In un certo senso questo non dà il giusto valore all’identità di ognuno ma d’altro canto ti dà una mano nei momenti in cui vuoi staccare.
- Nel brano si parla di non avere un “Piano A”. Spesso il piano A è quello più concreto e per certi versi più realistico. Voi avete mai avuto un piano A che non fosse la musica?
Giacomo – Piano A, piano B, piano C, io diciamo che ho sempre cercato di attivare questi piani musicalmente parlando. Studiando musica ho avuto varie visioni della musica, come concertista, insegnante, come elemento di una band: se non vanno bene questi piani non ho piani A.
Leonardo – Perché diciamo di non avere il piano A? Io ho mollato l’università che adesso, dopo tempo, con un sorriso enorme, ho ripreso per passione. Jacky ha mollato il conservatorio che adesso ha ripreso. Murri, il chitarrista, ha mollato il posto fisso a 18 anni. Siamo andati a vivere come custodi in questo castello e abbiamo iniziato a suonare. Abbiamo sentito l’abbandono del piano A, che è la cosa più vicina allo stereotipo di libertà.
- Poi, secondo me, non avere il piano A è una forma sia di ribellione che anche un modo per costringerti a non avere ripensamenti.
Tuffarsi senza avere il paracadute insegna che devi sapere atterrare nel modo giusto. Ognuno ha la sua ribellione ed è giusto che la ‘ribelli’.
- Una curiosità: il nome della band è stato deciso da subito?
Leonardo – No, noi per tre anni siamo stati i Leo Bi, Murri & Jacky Sax, che era il nome di tutti e tre i componenti. A un certo punto abbiamo scritto la canzone ‘Disco Club Paradiso’ che abbiamo presentato a X Factor e lì ci siamo detti ‘Disco Club Paradiso come nome della band spacca’. Abbiamo rubato il nome al brano che poi abbiamo chiamato DCP.
Giacomo – Aggiungo: c’è stata un’ipotesi di un nome che è anche uscito su una locandina e che Leo ha tatuato sulla gamba, ovvero “Le ortiche”.
Leonardo – È vero, perché noi eravamo piante nate in terra libera. Mi sono detto ‘grande nome, me lo tatuo, e poi abbiamo cambiato nome’. Io, quindi, ho il nome tatuato della band che non siamo.
- È semplice a volte perdere il focus su ciò che si fa, soprattutto in giovane età: dopo X Factor avete vissuto momenti di difficoltà?
Leonardo – Sì, noi ci siamo persi, nel senso eravamo persi di nostro, non ci siamo mai trovati perché non abbiamo mai cercato una forma. Arriviamo X Factor e lì ci viene imposto, giustamente, di avere una direzione, una forma.
Dopo X Factor abbiamo fatto anche esperienze che non facevano per noi. Prima potevamo essere qualsiasi cosa, mentre dopo abbiamo avuto scadenze, contratti, in un certo senso devi definirti.
In realtà, la ricerca musicale è una cosa che, secondo me, molti artisti si perdono, perché finiscono a fare della loro passione un lavoro, senza riuscire a mantenere la verità. Questo ti consuma dentro perché è come fare l’amore a pagamento con la persona che ami. È difficile metterci lo stesso amore, rispetto a farlo di nascosto, in una tenda in campeggio, con i boy scout. Certo, tu la persona la ami lo stesso, ma adesso lo fai in un contesto diverso. Abbiamo dovuto imparare ad amare la musica in quel contesto lì. Non ci abbiamo capito niente ma stiamo andando avanti con il sorriso.
- Un feat, una collaborazione con un artista che vi piacerebbe fare?
Leonardo – Adesso in ‘bolla’ abbiamo un paio di cose, ma ancora non le dico perché non sono del tutto definite, sono ancora in fase di sistemazione, però è qualcosa di impensabile, un feat che voi non direste mai. Jackie tu con chi vorresti fare un feat?
Giacomo – Mi viene da pensare, con la musica che stiamo facendo al momento, Dargen D’Amico.
Leonardo – Pensa che a Dargen non gliel’abbiamo mai chiesto ma dovremmo farlo. È che legare amicizia e lavoro è sempre un po’ una rottura, abbiamo sempre preferito uscire a berci una birretta, però sarebbe bello. Sai anche con chi mi piacerebbe? Con Tommy Cash.
- E invece, prossimi progetti?
Leonardo – A breve uscirà un brano. Mi espongo? Secondo me è il brano più ‘chicchina’ che uscirà. È di un’ignoranza e di una delicatezza stupenda.
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