Dove punta la bussola italiana?

I recenti battibecchi tra Italia e Francia si sono conclusi con un lieto fine, dopo il ritorno dell’ambasciatore francese Christian Masset nella capitale tricolore. C’è da chiedersi con quale altro Stato se la prenderà il partito dei 5 Stelle che evidentemente non si rende conto né del rischio di isolamento che l’Italia sta vivendo né della sempre più stretta intesa tra Francia e Germania che, giusto oggi sul Corriere, stanno pensando di non concedere così facilmente i soldi a Paesi Membri con troppi debiti o insolvenze. E Di Maio sembra anche non accorgersi che le sue azioni ricadono a pioggia sull’Italia come se le stesse facendo Conte. Allearsi così sfacciatamente con i gilet gialli francesi responsabili di settimane di tumulti a Parigi non è di certo un buon biglietto da visita per le europee. Se infatti il Movimento intende appoggiare la parte a rischio di una nuova crisi, cioè la piccola-media borghesia, dovrebbe farlo con convincenti idee politiche di comunità europea e di sovranità nazionale e non con selfie da pubblicare sui social per sentirsi “uno del popolo”.

Quello che sfugge a Di Maio è che un buon politico non va confuso con il migliore amico o con il vicino di casa: si tratta di un funzionario pubblico a servizio del bene comune e, come tale, deve interessarsi esclusivamente di ciò che può favorire il bene comune. Le boutade mediatiche e le alleanze di comodo per dimostrare una presunta vicinanza al mondo della borghesia che lavora e si sente tradita non può reggere alla prova del nove delle vere idee politiche e dell’efficacia della propria legislatura. La fortuna di Di Maio e anche di Salvini è la debolezza delle opposizioni in Italia e il marasma politico europeo, la cui preoccupazione principale adesso è arginare il pericolo dei populisti.

Recentemente, Gramellini ha ricordato questo particolare, osservando come Di Maio dia carta bianca a Salvini e come manchi una voce forte all’opposizione in Parlamento per arginare il diluvio di parole del leader del Carroccio. E a nulla è servito il monito del parlamentare europeo Guy Verhofstadt da apprezzare per essersi espresso in lingua italiana e per aver giustamente esposto i veri pilastri su cui si fonda il governo Conte: promesse elettorali e manovre di Di Maio e di Salvini. Nonostante il Premier italiano abbia difeso e portato a casa il tetto massimo del 2,04% di sforamento per consentire le manovre sociali di Quota 100 e del Reddito di Cittadinanza, è difficile asserire che questa sia l’Italia di Conte.

Infine, l’Italia non ha ancora una vera linea politica di riconoscimento del leader del Venezuela, un fatto aberrante per un Paese democratico come il nostro. Questo mancato riconoscimento di Juan Guaido come Presidente del Venezuela pone l’Italia in netto contrasto politico con la maggioranza degli Stati occidentali della UE. E se è vero che solo il 44%degli italiani voterebbe per rimanere nell’Unione Europea contro il rinnovato 53% dei britannici, questo governo farà bene a chiarire le sue posizioni anche in merito all’Unione. E poi riferire tutto a Conte.

Martina Seppi

 

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