“Fortunata” di Sergio Castellitto: la fortuna è cieca

Il duo “sforna-successi” è tornato! Castellitto e la moglie Margaret Mazzantini tornano sul grande schermo per raccontare la storia di Fortunata, una parrucchiera dalla vita tormentata.

Jasmine Trinca interpreta il ruolo di una moglie – a tratti leonessa, a tratti gazzella – madre di una bimba di otto anni: Barbara.
Il dramma vissuto da Fortunata e da Barbara ha origine dalla decisione della prima di separarsi dal marito (Edoardo Pesce). Lo scontro con le difficoltà economiche e con quelle di una convivenza tra generazioni così diverse è veramente forte.

Lo spettatore sembra essere costretto a decidere da che parte stare. Capire Fortunata che lotta per “restare a galla”, per realizzare il suo sogno oppure immedesimarsi nella piccola Barbara che soffre per la separazione dei suoi genitori e non sa come convivere con la presenza ingombrante della madre? È ingiusto dover fare una scelta simile. Non è giusto “condannare” una madre perché vuole sentirsi una Donna, l’imprenditrice di sé stessa. Non è ugualmente giusto ignorare i “capricci” di Barbara che ha tutto il diritto di dire la sua, nonostante la giovane età.

Il film ci apre un varco: si palesa un’altra strada. È possibile provare a capire Fortunata tenendo conto della sua storia passata. Si scopre che il dramma di Fortunata è nato nel passato, su una spiaggia.

Il ponte tra Fortunata da piccola e Fortunata da adulta è anche la chiave del legame quasi morboso di Fortunata e il suo migliore amico, Chicano (Alessandro Borghi): è il “torbido” dell’essere genitori.

Il padre di Fortunata, la madre di Chicano e Fortunata stessa sono genitori tormentati, malinconici, problematici. I problemi dei genitori si espandono a macchia d’olio sui figli. E i figli provano a risolvere i problemi dei genitori, provano a salvarli: dalla dipendenza dalle droghe, dall’Alzheimer e dalla cieca ricerca della realizzazione di un sogno. Questo film sembra un po’ la versione moderna, ambientata a Roma, della tragedia greca di Edipo.

L’interpretazione di Jasmine Trinca e l’intensità del perenne smarrimento di Chicano sono i veri aspetti positivi di questa pellicola. Quelli negativi invece dipendono un po’ dall’assenza di una vera coerenza e sostanza narrativa (almeno cinematografica) e un po’ dal personaggio di Patrizio, interpretato da Stefano Accorsi.

Patrizio è lo psicoterapeuta infantile che dovrebbe aiutare Barbara a metabolizzare in modo sano la separazione dei suoi genitori. Dico dovrebbe perché gli basta poco per dimenticarsi di Barbara ed infatuarsi della madre. Non si può nemmeno parlare d’amore, che almeno in parte ci farebbe essere più comprensivi con Patrizio, perché sembra proprio che lui scelga, alla fine, di godersi la Fortuna da solo. Il personaggio di Patrizio, già non amabile, è comunque reso più ostico dall’interpretazione un po’ robotica di Stefano Accorsi.

Questa volta il film di Castellitto si basa su una sceneggiatura e non su un libro di Margaret Mazzantini. In questo caso si avverte particolarmente l’assenza di un elemento che consenta allo spettatore di colmare quei vuoti che qualsiasi film lascia. Infatti, tra i risultati della stretta collaborazione tra Castellitto e Mazzantini, “Fortunata” è quello che per il momento mi ha convinto meno.

Federica de Marino

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