Intervista al regista Enrico Torzillo: in scena al Teatro Di Documenti con “Fuochi”

Enrico Torzillo

«Spero che questo testo non venga mai letto». Questo l’incipit di “Fuochi”, raccolta di prose liriche scritta nel 1935 da Marguerite Yourcenar, prima donna eletta alla Académie française.

Perché, dunque, non raccontarlo grazie alla messa in scena?

Al Teatro Di Documenti dal 2 al 4 febbraio in scena “Fuochi” di Enrico Torzillo, liberamente ispirato all’omonimo classico novecentesco.

Antico e moderno si fondono alla ricerca dell’animo umano, messo al rogo dall’amore non ricambiato.

Abbiamo intervistato il regista Enrico Torzillo.

  • Buonasera Enrico, grazie per l’intervista. In scena al Teatro Di Documenti dal 2 al 4 febbraio “Fuochi”, liberamente ispirato al libro di Marguerite Yourcenar. Come nasce e si sviluppa il desiderio di mettere in scena il testo?

L’incontro con questo testo (molto diverso da quelli su cui lavoro di solito) è stato assolutamente casuale. L’ho conosciuto grazie a uno degli attori che recitano nello spettacolo e, quando l’ho letto, ho sentito subito che i personaggi, nonostante si trattasse di prosa lirica, avevano una fortissima matrice teatrale. Affronta i sentimenti basilari con irriverenza e scorrettezza, con onestà e chirurgica capacità di analizzare i rapporti, usando, come mezzo, svariate figure archetipiche della cultura classica. Ho capito di avere davanti il testo giusto per lavorare, per la prima volta, su qualcosa di letterale e non drammaturgico, esperimento che volevo fare da un po’.  

  • “Spero che questo testo non venga mai letto”: questo l’incipit della raccolta di prose. Cosa penserebbe oggi l’autrice della messinscena?

La Yourcenar scrive questo testo reduce da un’enorme delusione d’amore: la scoperta dell’omosessualità dell’uomo con cui condivideva la vita. Non ci sono dubbi sul fatto che questi scritti siano stati per lei terapeutici. Si vergognava dei sentimenti presenti in queste liriche, delle considerazioni e dei punti di accesso alla sua vita personale, ma, al contempo, sembra scrivere figure che sbranano chi legge, tanto da voler uscire dalle pagine. Alla fine, è stato proprio quest’incipit a farmi venire voglia di metterlo in scena. Non era da leggere, infatti, ma da rappresentare. Mi piace pensare che la dichiarazione d’intenti iniziale e la matrice fortemente espressiva dei personaggi, insieme, portino a questa tacita richiesta dell’autrice. Spero, dunque, di averle reso giustizia. 

  • Sul palcoscenico lo spettatore scoprirà i ritratti di reduci da violente esperienze di vita: Clitemnestra, Maria Maddalena e Faone, l‘amante della poetessa Saffo. C’è una figura tra queste che l’affascina in particolar modo?

Le prose del testo originale (ognuna di un personaggio) sono, in totale, nove (alle tre citate si aggiungono Fedra, Achille, Patroclo, Antigone, Lena e Fedone). Nel mio adattamento ho scelto di concentrarmi su queste tre figure perché, a parer mio, in qualche modo, rappresentano un range ampio di temi affrontati dall’autrice. Sicuramente Clitemnestra è il canale di accesso per il pubblico ed è stata il mio di accesso a questo lavoro. La sua è una vera e propria orazione. È una politica nata, una guerriera domestica moderna e schietta che rappresenta, al contempo, il mondo valoriale classico (di cui il testo è intrinseco), con cui racconta il tradimento. Maria Maddalena è affascinante e spaventosa, in questa versione apocrifa e sincera, in cui si erge quasi a divinità. Sbarella una serie di presupposti granitici del mondo giudaico-cristiano e affronta in modo quasi scandaloso il tema dell’omosessualità. Poi c’è Saffo, unico testo dei tre rappresentati scritto in terza persona. Quello che, dal punto di vista stilistico, mi interessava di più, per spingermi un po’ oltre con la recitazione. Si parla di Saffo, ma a parlare è Faone, il suo unico amante di sesso maschile che fa fatica a riconoscersi nell’avanguardia e nella “fluidità” del mondo. I tre attori sono straordinari. Su questo non c’è dubbio. 

Enrico Torzillo

  • Il Teatro Di Documenti è la cornice perfetta per questa discesa agli inferi: conosceva già lo spazio e come sarà “sfruttato”?

Sono innamorato del Teatro di Documenti da quando ci ho messo piede la prima volta, un bel po’ di anni fa, ormai, quando mi trasferii a Roma. È un piccolo grande capolavoro dell’architettura scenica del Maestro Damiani e del teatro, in generale. Trasuda voglia di fare regia e di vivere esperienze teatrali strabilianti. Ho conosciuto e seguito la sua storia anche attraverso l’amore che provava per quello spazio Luca Ronconi. Credo sia un posto “infestato da fantasmi”, ma nel senso buono. Quei fantasmi di cui il teatro, oggi, avrebbe tanto bisogno. E sarà “realmente” infestato, per gli spettatori di questo spettacolo che, appena arrivati, riceveranno un benvenuto nell’Oltretomba. 

  • Amori che diventano malattia e vocazione: sente il peso di un racconto che potrebbe avere delle ripercussioni sul reale?

Più che avere ripercussioni sul reale, credo che questo testo, pur pescando personaggi dalla notte dei tempi ed essendo stato scritto negli anni’30, racconti l’amore in modo universale, quindi attuale. Non mi interessano la retorica sull’amore tossico e tutte le questioni con cui siamo bombardati. Ma il fatto che “Fuochi” ci spinge a riflettere su quanto male si può arrivare a fare, solo amando. Su quanto, da vittime dell’amore, si possa diventare terribili carnefici. Un po’ come se l’amore fosse un virus, senza il quale, però, non potremmo esistere e non staremmo nemmeno qui a chiacchierare. Una delle mie battute preferite del testo dice “Veniamo puniti per non essere riusciti a rimanere soli”. Credo che nessuno ci riesca davvero. E questa è una colpa?

  • Progetti futuri e sogni nel cassetto?

Il giorno dopo l’ultima romana di “Fuochi” mi metteró all’opera su “Il Mercante di Venezia” di Shakespeare, un mondo totalmente diverso. Poi ci saranno altre cose. Ecco, questo è un sogno: avere la possibilità di continuare a passare da un autore all’altro con l’intento, quasi politico, di lavorare per il pubblico, tanto da farlo venire a teatro per starci, starci bene, restarci e ritornarci. Cose per niente scontate al giorno d’oggi. Che dovrebbero essere la priorità, per noi che ci occupiamo di teatro. Spero di riuscire sempre a intrattenere qualcuno, con i miei spettacoli, in sala. Perché l’intrattenimento “trattiene” sulle poltrone. E non deve essere un peccato accostarlo al teatro. 

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