“Romanza senza parole” di Sof’ja Tolstaja

Dopo il lutto della madre, Saša, suo marito e il suo figlioletto, decidono di prendere una casa in campagna, lontano da tutti. Ma ecco che una sera, da una dača vicina, Saša sente suonare al pianoforte la Romanza senza parole di Mendelssohn: qui inizia nel cuore della giovane un tumulto, un risveglio di sentimenti, che presto la porterà a trasferire il suo amore da quella sonata al suo esecutore, un maestro di musica con cui tutta la sua famiglia entrerà in rapporti. Invece di gioia, questo sentimento procurerà a Saša solo turbamenti e incertezze, che si protrarranno al ritorno a Mosca e arriveranno a una tragica fine.

Quando Sof’ja Tolstaja ha scritto questo romanzo breve – o, meglio, racconto – era già sposata al grande autore russo, e la sua influenza si sente in quasi ogni riga: sono numerose le citazioni e i rimandi a Lev Tolstoj, a partire dai caratteri dei vari personaggi maschili che si susseguono nelle vicende, per arrivare all’esplicita citazione di un brano di Guerra e Pace, in cui Pierre per la prima volta comprende di amare Nataša. Così, nel marito della protagonista troviamo l’amante della terra e della natura e il vegetariano, nell’altro l’antimilitarista, nel terzo un esperto di filosofia. Senza dimenticare che la protagonista, Saša, è per molti aspetti un alter-ego della stessa Sof’ja.
E così Sof’ja ricrea se stessa, il suo mondo interiore, in una realtà romanzata, proprio lei che aveva promesso a se stessa, al momento di sposare Tolstoj, di mettere il suo talento al servizio del marito. Questo è un vero peccato, perché, sebbene la storia di Romanza senza parole sia in qualche modo acerba, pure in essa si ritrova il seme di un talento che, se fosse stato coltivato, avrebbe dato i suoi frutti. Sof’ja ancora una volta, come avviene nei suoi diari (pubblicati da Baldini & Castoldi), riesce a trasporre le sue emozioni sulla pagina scritta, a dar loro piena e sincera voce, a opporre una visione dell’interiorità femminile e del rapporto matrimoniale e sentimentale a quelle del marito. Ed ancora più importante è il fatto che riesca a farlo anche attraverso un racconto, dato che le donne allora frequentavano soprattutto i generi della scrittura diaristica o epistolare.

Doris Lessing, a distanza di anni e anni, ha detto di essere rimasta così turbata dopo aver letto le parole dei diari di Sof’ja, da aver iniziato un dialogo mentale costante con lei, nel tentativo di consolarla e di farle sentire la vicinanza di una persona amica: questo è un po’ quello che accade a tutte le donne che incontrino gli scritti di Sof’ja, tra cui questo racconto: il racconto di un amore infelice perché idealizzato, quindi destinato a disgregarsi nel momento in cui viene a contatto con la realtà. Il maestro di musica si rivela per lo più indifferente all’amore di Saša, seppur il suo cuore batta più forte alla presenza di lei.

Proprio qui sta la spiegazione della concezione di Sof’ja-Saša sugli uomini e sull’amore: l’uomo – sia esso Tolstoj, il marito di Saša, il maestro di musica – metterà sempre avanti il suo mondo artistico e spirituale, non riuscirà mai a comprendere fin nel profondo la sensibilità della donna, e forse non vedrà mai la donna come una compagna sua pari; e la donna riconoscerà come “sporco” qualsiasi innamoramento fisico per l’uomo.

Questa è stata la tragedia di Sof’ja nella vita: il non essere stata amata come avrebbe meritato, come ogni donna meriterebbe di essere amata, perché suo marito ha sempre avuto il suo universo di letteratura, filosofia, arte, mentre il mondo di lei si è ridotto a lui e ai figli generati con lui. E per questo, infine, ogni donna che leggerà le parole di Sof’ja se ne sentirà toccata e svilupperà un sentimento di solidarietà.

Maria Chiara DAgostino

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