Consiglio UE migranti, perché l’Europa non è più “Unione” e l’Italia non ha “vinto”

«…per creare intorno al nuovo ordine un larghissimo strato di cittadini interessati al suo mantenimento, e per dare alla vita politica una consolidata impronta di libertà, impregnata di un forte senso di solidarietà sociale» (Il Manifesto di Ventotène: “Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un manifesto, 1941).

Il progetto originario, contenuto nel Manifesto di Ventotène, di quella che chiamiamo Unione Europea parla di solidarietà. I Trattati hanno poi reso questo concetto un principio cardine della realtà europea, a lungo vista come un modello politico straordinario. L’unico davvero vincente in un Mondo sempre più competitivo, interconnesso e internazionalizzato. Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, che hanno scritto il Manifesto, lo hanno intuito ancor prima che si consumasse l’ultimo atto della Seconda Guerra Mondiale.

Oggi però l’Unione Europea è un progetto in crisi. Negli ultimi dieci anni è sempre più evidente l’allontanamento dagli ideali di Libertà, Unione e Solidarietà, ai quali l’Europa avrebbe dovuto ispirarsi. La crisi economica del 2009 prima, quella migratoria poi hanno fatto emergere con forza la frammentazione di un sistema politico, nel quale hanno iniziato a prevalere gli interessi egoistici degli Stati membri. Con il fallimento della Grecia ha prevalso la spaccatura tra i Paesi del Nord Europa e quelli del Sud, questi ultimi accusati di non saper rispettare quei vincoli e quegli obblighi, che l’adesione alla moneta unica e al sistema economico europeo esigono. Tra i quali c’è anche l’Italia, che ha un alto debito pubblico – il più alto in Europa – e la cui crescita è sempre risicata. Si discute quindi di deficit, di riforme, di rigore ai quali si aggiungono i problemi legati alla corruzione, al malaffare e alla burocrazia, ma soprattutto a una politica assente, distratta o del tutto incapace. Un giudizio duro, ma che sintetizza una realtà che ha spinto molti italiani ad affidare le proprie speranze, interessi, paure, incertezze a un Movimento (oramai a tutti gli effetti un Partito)dei Cinque Stelle e alla Lega di Matteo Salvini, che il popolo lo conoscono bene.

La distanza tra Nord e Sud – anche se in termini diversi – si allarga di fronte alla questione dei migranti. In Italia, Matteo Salvini, conquistato l’agognato Ministero degli Interni, lancia i suoi slogan e incassa i primi successi sull’immigrazione, anche a costo di mettere a rischio la vita di esseri umani, per farsi sentire dalla Germania e dalla Francia che hanno lasciato sole Grecia e Italia. Emergono forti contraddizioni tra un presunto sentimento europeo che, alcuni Paesi intendono salvaguardare (ad esempio la Francia) e, la netta chiusura di altri Stati, quelli dell’Est del gruppo di Visegrad. Nel mezzo l’Italia che, se non può essere lasciata sola in materia di accoglienza e gestione dei migranti, dal 2015 gioca male la sua battaglia.

Il Governo gialloverde fa sapere agli italiani di aver portato a casa un ottimo risultato dal Consiglio europeo del 28 e 29 giugno, durante il quale i 28 Paesi dell’EU hanno discusso di immigrazione e sicurezza. Ma dall’esultanza del Ministro degli Interni italiano si è passati al cauto ottimismo del Premier Giuseppe Conte, due reazioni a conclusione del vertice, sintomi di una schizofrenia all’interno dell’Esecutivo. L’Italia avrebbe potuto accendere prima i riflettori sui flussi migratori, se – tanto i Governi di centro sinistra che di centro destra – avessero fatto valere le proprie ragioni nella sede appropriata, imponendo i veti necessari. Ancora una volta però il nostro Paese non è uscito vincitore dal Consiglio europeo. Il Regolamento di Dublino non è stato toccato, l’identificazione, l’accoglienza o il respingimento dei migranti restano obblighi dei Paesi europei di primo approdo, come l’Italia. I ricollocamenti saranno possibili solo su base volontaria, ai quali i Paesi di Visegrad hanno già detto “no”, mentre restano le parole di altri Stati che, pur essendosi dichiarati disponibili, dovranno poi dimostrare di «passare ai fatti».

Dopo il cedimento del Premier Conte sulla restituzione dei migranti approdati in Italia, che hanno raggiunto illegalmente la Germania e sugli hotspot nei Paesi di primo approdo,  il fondo per l’Africa che, servirebbe a investire nel continente, è un piatto misero da offrire affinché i Paesi si facciano carico dei campi. Intanto si aggravano i sospetti sulle ONG di connivenza con i trafficanti. ONG che l’Europa – dopo anni di collaborazione nell’ambito dell’operazione FRONTEX – non ha mai sottoposto a un controllo.

Cosa è cambiato dunque dopo questo vertice? Mentre si continua ostinatamente a parlare di un’emergenza che non esiste – i flussi si sono ridotti drasticamente già dal 2017 – persiste l’ambiguità italiana ed europea rispetto alla situazione politica libica – il principale punto di partenza delle imbarcazioni e snodo per i trafficanti di greggio e di esseri umani.

Così il Mediterraneo inghiotte altre 100 persone. Una strage che non si fermerà finché l’Europa non sarà davvero unita e non vorrà dare l’esempio che una volta è stata, ma che ora non è più.

Chiara Colangelo

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