Intervista a Marco Intraia: in scena con “Le cinque rose di Jennifer” al Teatro Di Documenti

Marco Intraia

Venerdì 8 e sabato 9 marzo alle 20.45 in scena al Teatro Di Documenti “Le cinque rose di Jennifer” del regista Marco Intraia con Marco Intraia e Elena Aimone.

Il testo di Annibale Ruccello, artista di spicco delle avanguardie teatrali napoletane degli anni ’80, racconta di solitudine, amore e distanza, di città e (non) relazioni e propone una profonda riflessione sul transgenderismo.

  • Buonasera Marco, sarai l’8 e il 9 marzo al Teatro Di Documenti con “Le cinque rose di Jennifer”, spettacolo di cui sei anche regista. Ci racconti la genesi dell’opera?

Buonasera Miriam, lo spettacolo nasce da un sentire intimo e personale: avevo il desiderio di iniziare un percorso autorale di ricerca artistica tra maschile e femminile e al contempo lavorare su un testo di spessore drammaturgico. Nei miei lavori spesso scrivo i testi che porto in scena; questa volta volevo lavorare su un testo non mio, un testo che fosse sfidante, che avesse una ricchezza teatrale e fosse vicino al mio sentire.

“Le cinque rose” è sempre stata un’opera che ho amato. Inoltre tra il 2018 e il 2020 ho avuto la fortuna di seguire il corso di perfezionamento per attori professionisti “Repertorio”, promosso e finanziato dalla Corte Ospitale di Rubiera (Mo), che prevedeva un percorso laboratoriale in otto cicli intensivi di cinque giorni diretti dal maestro Danio Manfredini, con l’accompagnamento di Vincenzo Del Prete: negli incontri lavoravamo su testi estratti dal repertorio italiano ed internazionale, cercando di metterli in scena così come scritti dai vari autori (Pinter, Shakespeare, Checov, Kristof, Ionesco, Koltés, Ruccello e altri), senza revisioni, interpretazioni o operazioni per rendere “contemporaneo” il monologo o il dialogo affrontato. Così a gennaio 2020 iniziai ad abbozzare qualche improvvisazione con il gruppo di “Repertorio” e si accese qualcosa dentro me, che mi ha condotto fin qui.

Il viaggio creativo e compositivo è iniziato poi nella primavera 2021 e si è consolidato da ottobre 2021 quando ho iniziato le residenze artistiche negli spazi di Piccola Compagnia della Magnolia e, grazie all’associazione Tedacà al Teatro di Bellarte di Torino. Visto che avevo scelto di fare la regia dello spettacolo, essendo anche in scena, con tutti i rischi e le difficoltà che comporta, chiesi al maestro Danio Manfredini di accompagnarmi da novembre 2021 fino al debutto (11-13 novembre 2022, Teatro Bellarte Torino): la sua supervisione artistica è stata fondamentale per la buona riuscita del progetto.

Fin dal principio mi sono approcciato all’opera con sincerità e umiltà, restando fedele il più possibile alle indicazioni dell’autore e tentando con tenacia di cavalcare i significati nascosti nella stratificazione del testo. Esattamente come Annibale, ho lavorato sempre in modo artigianale: andavo per mercatini alla ricerca della scenografia, costumi e oggetti, ho costruito e decorato pezzi di mobilio, ho frequentato il mondo lgbtqia+ e, in particolare, quello della drag queen e dei transgender, per riuscire ad entrare autenticamente nei panni di Jennifer.

Una cosa importante nel lavoro che ho fatto è che ho spesso vissuto in solitudine completa sia in sala che nella vita privata per immergermi profondamente nella condizione psico-emotiva della protagonista. Gli sguardi esterni di alcuni colleghi e amici, oltre ovviamente a quelli di Danio, mi hanno permesso di avere ulteriori feedback e dei riferimenti utili. Nel 2023 l’arrivo di Elena Aimone nel ruolo della vicina di casa Anna ha stata poi la ciliegina sulla torta per la crescita dello spettacolo, poiché è un’attrice raffinata e sensibile, perfetta nell’ affrontare un personaggio bello ma difficile come quello di Anna. 

Marco Intraia
Marco Intraia
  • Il testo di Annibale Ruccello, artista di spicco delle avanguardie teatrali napoletane, è stato spesso portato in scena: cosa lo rende ancora così attuale?

Il testo di Annibale è un testo stupendo e complesso. Ricco di colori, azzarda a mettere in scena un personaggio trans ed emarginato dalla società: il quartiere dove vive Jennifer è stato fatto costruire apposta per i travestiti, quindi quasi un quartiere ghetto. Per me Le cinque rose di Jennifer è anche un testo di denuncia della condizione di emarginazione del diverso, attraverso i colori tragicomici e l’uso di una meravigliosa lingua napoletana.

È attuale perché parla della condizione di solitudine, molto presente nella società di oggi. Perché parla di umano, di intimità, di leggerezza nonostante tutto, di amore e perché dona uno spaccato dell’universo trans: nel mondo odierno, nonostante sembri il contrario, si fatica ancora molto ad accettare le persone del mondo lgbtqia+ e in particolare i transgender, i crossdresser o il gender fluid. Penso ci sia un po’ di ignoranza e molta chiusura mentale a riguardo: la storia di Jennifer ed Anna può regalare uno spaccato di quello che possono vivere persone trans in un modo giocoso e leggero, anche se all’interno di una cornice di tragedia dark e noir.

  • Il testo è una profonda riflessione sul transgenderismo. Fa riflettere come ancora oggi sia essenziale parlare di questi temi: il teatro può incidere anche sulla società e la sua evoluzione?

Se noi teatranti professionisti, nonostante le precarie condizioni lavorative in cui viviamo tutti i giorni, continuiamo a stare nella materia è perché pensiamo che il nostro operato possa incidere in qualche modo. Ho una visione un po’ spirituale del fare teatro: spero che quello che faccio aiuti la trasformazione di un individuo per prima cosa; perché penso che la trasformazione di un singolo individuo possa portare di conseguenza al cambiamento e all’evoluzione di tutta la società.

  • La protagonista della pièce, Jennifer, è un essere umano, fragile e imperfetto, forte e comico, sensibile e tragico: si identifica con il personaggio?

Assolutamente sì, dopo tre anni, è ormai il mio Alter ego, un personaggio in cui mi diverto, di cui esploro e vivo tutta la potenza, la voglia di vivere, di giocare, di essere amati, di stare in silenzio, di danzare, di attendere e di amare. Penso che ogni personaggio che intrepretiamo è sempre stato lì, dentro di noi, basta avere la delicatezza e la pazienza di aprire il proprio forziere interiore.

  • Progetti futuri?

Un progetto sulla tematica transgender per un pubblico di bambini e ragazzi.  

https://www.teatrodidocumenti.it/

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