Intervista all’attrice Elisa Billi: la pandemia e il post Covid nell’arte.

Elisa Billi

Oggi torniamo ad occuparci dell’arte in tutte le sue declinazioni e lo facciamo con una nostra amica che è un’attrice poliedrica e determinata, sempre attenta a tutti i colori e alle sfumature del palco e della cinepresa: Elisa Billi.

L’abbiamo già intervistata in un periodo senza dubbio più tranquillo per il teatro e per tutti i settori che sono stati coinvolti dal Covid – 19. Era il 2017, sono passati 4 anni e la pandemia ha sconvolto gli spazi e la gestione del tempo.

  • Buonasera Elisa innanzitutto come stai?

Ciao David, per fortuna sto bene, grazie e non è mai scontato, soprattutto durante una pandemia. Ahimè nonostante le tante attenzioni non sono sfuggita al Covid che per fortuna ho avuto in forma lieve.

  • Come hai vissuto da attrice e autrice il dramma della pandemia e gli effetti delle interruzioni forzate?

Durante il primo lockdown tutto ovviamente si è fermato. Il cinema poi ha cercato di ripartire e pian piano ce l’ha fatta applicando i vari protocolli. Quindi facendo tamponi in continuazione le produzioni vanno avanti, il teatro, invece, come sappiamo, non è ripartito per molto tempo.

  • Immagino che avrai dovuto riorganizzare l’agenda e la cronologia degli eventi.

Lavorando anche negli eventi ovviamente tutto ciò che era “live” è stato bloccato. Questa estate qualcosa sta ripartendo. Le vere e proprie riorganizzazioni di agenda le ho dovute fare proprio quando il Covid ce l’avevo io. Qualche produzione è riuscita a far slittare le riprese ma altre mi hanno dovuta sostituire ed è stato davvero un dispiacere. Ottenere dei ruoli per un’attrice non conosciuta dal grande pubblico è difficile in generale e vedersi annullare il lavoro è frustrante.

  • Nel mondo della politica e della società civile si respira un clima di indifferenza verso il mondo della cultura e dello spettacolo. È possibile, secondo il tuo punto di vista, che qualcosa cambi?

Lo spero. Questo dipenderà da tutti noi. Mi sembra che siamo in un’epoca in cui l’apparenza, l’ego e la superficialità fanno da padroni. Fermarci e tornare a essere curiosi, sensibili e attenti a ciò che ci circonda potrebbe essere una strada per diventare persone più ricche dentro. In questo modo forse la cultura, l’arte e lo spettacolo vivrebbero una nuova primavera.

  • È stata dura, per te, riavviare pian piano l’attività legata allo spettacolo?

Fermarsi e ripartire si può fare ma non sapere come andranno i prossimi mesi e anni fa paura: l’incertezza del futuro è la cosa più dura da gestire.

  • Fra i settori dei quali ti occupi ce ne è stato qualcuno che è riuscito a resistere o almeno a rimanere produttivo?

Solo cinema, pubblicità e tv, anche se con grossi danni e con i vari protocolli di prevenzione, riescono ad andare avanti.

  • Durante i vari lockdown i media ed i poteri più o meno forti hanno insinuato il sospetto che esistessero dei lavori di serie a e serie b, come se intrattenere, regalare emozioni, far riflettere fosse un lusso o addirittura un capriccio. Come si puo’ ribaltare la mentalità nella nazione della cultura?

Anche prima della pandemia confesso che non è mai stato facile presentarmi come un’attrice. Certi mestieri artistici si portano con sé molti pregiudizi e valutazioni superficiali. In generale accettare un lavoro che di per sé è precario, in balia del colpo di fortuna e soggetto ad alti e bassi enormi è difficile. La cosa di cui si parla poco è la passione che c’è dietro. Vivere precari, incastrando tante attività e giostrandosi con i periodi positivi e quelli dove si è completamente ignorati è la nostra quotidianità e spiegarlo non è semplice. La pandemia ha probabilmente evidenziato dei divari che c’erano già. Quello che spero è che dopo un anno e mezzo si riesca a gestire l’emergenza in maniera più oculata.

  • Uno dei luoghi più penalizzati è stato il teatro, padre dell’attorialità, della scrittura e delle idee artistiche.

Sì, il teatro è stato molto penalizzato. Anche perché senza pubblico non può esistere, la magia sta proprio nel fatto di essere lì tutti insieme a vivere un momento unico e irripetibile. I tentativi di renderlo “digitale” lo mortificano a mio avviso: vedere uno spettacolo ripreso in tv viene percepito con tempi dilatati e tutta la magia si perde ed è infatti una scelta che non ha preso piede. Spero che da adesso in poi, con le dovute precauzioni, si possa garantire l’attività per tutti i teatranti, anche perché il pubblico che va a teatro credo che sia perfettamente in grado di adeguarsi alle regole e assistere in sicurezza.

  • Nel cinema invece cosa accadrà? Ci piange il cuore a pensare che soltanto a Roma già parecchie sale sono state chiuse e altre stanno andando incontro alla parola fine.

Credo che la pandemia abbia accelerato un cambiamento che era già in atto purtroppo. Le piattaforme tv hanno preso il sopravvento e l’esperienza del cinema viene pian piano abbandonata, esattamente come le serie stanno sostituendo i film. Dispiace, perché il fascino della sala e la sacralità che si avverte quando si spengono le luci e tutti sono attenti e concentrati sul film si abbandona per seguire, spesso distrattamente, serie davanti alla tv. Dall’altra parte il livello di queste serie si sta alzando moltissimo e sta creando tanto lavoro anche per gli attori emergenti e questa è una gran cosa.

  • Raccontaci il tuo bilancio professionale della parentesi 2020- 2021.

Direi molto altalenante. Ho passato mesi di fermo totale e mesi in cui tutto sembrava ripartire alla grande per poi rifermarsi di nuovo. Molti lavori fatti non sono nemmeno usciti per i vari cambiamenti di calendario dettati dal Covid. Nel complesso mi sento fortunata perché occupandomi di tante attività in qualche modo ne sono venuta fuori. Speriamo che da adesso si possa ripartire davvero però.

  • Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Mi piacerebbe scrivere e realizzare un corto. È già passato troppo tempo dal primo che ho creato nel 2018 con la mia amica e collega Cristiana Mecozzi. Ho voglia di scrivere qualcosa di sincero, di intimo, di generoso, non so se ci riuscirò ma ho voglia di provarci.

  • Se dovessi scegliere un canzone che faccia da colonna sonora al rinascimento artistico che speriamo di vivere presto, in questi frangenti talmente instabili, quale sarebbe?

“Non, je ne regrette rien” di Edith Piaf perché invita a lasciarsi dietro il passato e a ricominciare con gioia.

Elisa, grazie e a presto sulle ali dell’Arte

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