Mediocrazia, dai borghesi illuminati ai nuovi rentiers (prima parte)

Chi è il mediocrate, il globocrate.

In un contesto sociale in cui gli operai lavorano in condizioni insalubri, recepiscono salari minimi e da un giorno all’altro rischiano di essere licenziati, si colloca la figura di Karl Marx.

È l’incipit di un pagina di un sito. L’affermazione mi è sembrata una possibile apertura di questo articolo in più parti. La riflessione che ne è seguita è stata che ci vorrebbe un altro Marx redivivo. L’unico è nato nel 1818, ha pubblicato il Capitale nel 1867, ed è morto nel 1883.

Se Marx storicizza la lotta di classe e la frizione tra la massa dei lavoratori e i borghesi capitalisti, qui andremo a sceverare in profondità le doti di una classe che classe non è, perché è trasversale, quella dei mediocri, con particolare attenzione rivolta al capitalismo borghese di oggi.

Cos’è la Mediocrazia.

Vi sono cose in cui la mediocrità è insopportabile: la poesia, la musica, la pittura, l’eloquenza, diceva Jean de La Bruyère.

La mediocrità però è anche più venefica se sparsa nel tessuto istituzionale e sociale.

Come si è passati dalla locuzione latina con connotazione positiva di “aurea mediocritasche invitava a rispettare il “giusto mezzo” con rifiuto di ogni eccesso alla mediocrazia?

Nella contemporaneità, la mediocrità è diventata il peccato più grande secondo la coreografa Martha Graham. E Pier Paolo Pasolini ha sottolineato in modo iconoclastico che: “…. Un uomo medio è un mostro, un pericoloso delinquente, conformista, razzista, schiavista, qualunquista”.    

Di tali soggetti “mediocri” è il potere attuale e a tal proposito è stato persino coniato il termine di “mediocrazia”.

Il filosofo canadese Alain Deneault in La Mediocrazia, afferma: “I mediocri hanno preso il potere. Si è prodotta una rivoluzione silenziosa che ci ha fatto precipitare nel regno del conformismo”.

Origini di mediocrità e mediocrazia.

La parola “mediocrità” nasce quando nasce l’etica borghese. E la mediocrazia viene coniugata a seguito della pervasività dei valori negativi insiti nel termine stesso.

C’è da dire che l’etica borghese in genere è “distinta da una certa aridità mentale e da un habitus di ipocrisia moraleggiante, (…) nel suo fondo è condizionata dalla mens mercatoris, cioè da una mentalità puramente utilitaristica”.

Dalla fine del secolo XIII il ceto borghese assume una precisa fisionomia e solo da questo momento possono esserne designati i caratteri distintivi della mentalità borghese.

In estrema sintesi, secondo Anna Maria Nada Patrone (©1974, L’etica borghese), le connotazioni storiche sono le seguenti: il rispetto esteriore di ogni tipo di gerarchia sociale, poitica e religiosa; il desiderio esasperato di successo, nel campo privato e pubblico; l’aspirazione all’ordine, al «ragionevole», come si legge in molti scritti mercanteschi.

Il tutto soffuso di una sostanziale ipocrisia dell’essere, nel senso di salvare le apparenze comunque agendo con ogni mezzo, “fatta salva la reputazione”.

Queste virtù e questi successi erano le mete ultime ed ambite da ogni buon borghese. Diventavano indispensabili all’individuo ed alle famiglie come mezzo di affermazione e di prestigio, quindi di ricchezza e di potere politico” (Anna Maria Nada Patrone© 1974, L’etica borghese).

La pubblicistica borghese dei secoli XIV e XV individuava l prestigio, la buona fama e la ricchezza ottenibili attraverso il familiarizzare con gli uomini saggi, ma soprattutto con i potenti. Ossequio verso la Chiesa, le sue istituzioni, le sue dottrine ed i suoi uomini e rispetto ed obbedienza verso il potere politico costituito.

Jean de La Bruyère ne fa una descrizione nel XVIII, nel suo “I caratteri”,

attraverso il personaggio di Celso che, con nessun merito si fa strada tra i potenti perché conosce intrighi e pettegolezzi. Non cerca solo favori ma vuole il successo nel mondo politico, culturale, scientifico.

La mediocrità e l’uomo senza qualità!

Nell’essere borghese, il mediocre non ha una connotazione di uomo senza qualità tout court. Qui la qualità non è negata sempre, ma si potrebbe dire che l’uomo mediocre ha soprattutto una qualità, quella di uniformarsi a uno standard sociale.

È un conformista. Robert Musil nel suo testo L’uomo senza qualità diceva: “Se dal di dentro la stupidità non assomigliasse tanto al talento, al punto da poter essere scambiata con esso, se dall’esterno non potesse apparire come progresso, genio, speranza o miglioramento, nessuno vorrebbe essere stupido e la stupidità non esisterebbe.”.

Dice il filosofo canadese Alain Denault che “esistono mediocri di talento. La Mediocrazia riconosce alcuni meriti, ma solo alcuni”.

Mediocrazia e attualità contemporanea.

Con alle spalle tale retaggio, il termine di mediocrazia nel contemporaneo risulta dall’ingranaggio sociale partito con la rivoluzione industriale. Da lì Il contenuto del lavoro è scappato di mano. Esso è diventato solo un mezzo. Una funzione, una pratica, una esecuzione. “Ed è una situazione che provoca malessere sociale”.

La modificazione del linguaggio è sintomatica della modificazione dei ruoli sociali. Nel dopoguerra, con lo sviluppo del concetto di governance compaiono le grandi aziende e le multinazionali. Il potere si afferma nelle mani dei diktat manageriali e la politica muore.

Perché nella governance la misura dell’efficacia è solo e soltanto la salute del settore economico e finanziario

La modificazione del linguaggio nomina una sostituzione fattuale avvenuta, per cui nel dibattito pubblico al popolo si sostituisce la società civile e i cittadini diventano partner ossia clienti, traslando un lessico mutuato dal settore privato anche nella politica e nelle relazioni sociali.

L’ideologia dell’estremo centro.

Afferma Alain Denault che abbiamo bisogno di visionari e di persone con una visione, non possiamo accontentarci di affidare il potere a capetti senza convinzioni.

Purtroppo, la realtà è affidata a menti senza visione. Ciò crea troppi disagi sociali e psichici nelle persone, nel doversi piegare a norme sbagliate. Esiste una norma soft che costringe ad adeguarsi altrimenti si è espulsi. Una norma che è l’ideologia dell’estremo centro.

Quando non c’è più alcuna palpabile differenza tra, per esempio, Donald Trump e Alexis Tsipras, nel senso che si utilizzano gli stessi programmi politici, “ossia sempre più capitali per le multinazionali e i paradisi fiscali, meno diritti per i lavoratori, meno soldi per il servizio pubblico, la norma dell’estremo centro ha attecchito”.

Quando le scelte della politica attuali vengono presentate come ineluttabili e ragionevoli, ne viene fuori che chi non si allinea diventa irragionevole, pericoloso, non realista.

Si perde così, anzi viene cancellata, la distinzione tra destra e sinistra, e sembra esserci una visione unica ed esclusiva, intollerante per tutto ciò che tenta di rappresentare un’alternativa.

Appare e impera dunque una visione che non può essere messa in discussione anche se è distruttrice per l’ambiente, iniqua socialmente e intellettualmente assoluta. È questa la visione grazie alla quale impera l’estremo centro.

L’esemplificazione portata da Denault, per il Canada, sulla continuità di questa visione tra il premier Stephen Harper, che era più a destra di certi Repubblicani americani, e l’attuale giovane liberal Justin Trudeau, porta a comprendere che essa può ravvicinare il Canada all’Europa.

In questa mancanza di rottura di continuità per cui tra destra e sinistra c’è un cambio apparente, vince alla fine il programma e gli interessi rappresentati, che sono gli stessi.

Il mediocrate o globocrate e la figura dell’esperto. I nuovi rentiers.

L’esperto è una figura centrale della mediocrazia: si sottomette alle logiche della governance, sta al gioco, non provoca mai scandalo, insegue obiettivi.

È la morte dell’intellettuale. Si tratta di un sofista contemporaneo, retribuito per pensare in una certa maniera, che lavora per consolidare poteri accademici, scientifici, culturali.

I veri intellettuali seguono interessi propri, curiosità non dettate a comando, possono uscire dal gioco.

Un giovane ricercatore universitario può diventare un esperto e avrà la carriera spianata, se rimane un intellettuale puro avrà un futuro molto più incerto, la precarietà a vita.

Tipizzazione della figura del “mediocre”.

È interessante la tipizzazione della figura del mediocre nell’attuale mediocrazia.

A detta di Alain Denault ne esistono almeno cinque tipi.

C’è il mediocre in disparte, che rifiuta le facezie e le aberrazioni della società contemporanea e si mette in disparte: è l’uomo che dorme, come scriveva Georges Perec.

Esiste il mediocre per difetto, che sottostà alle menzogne, in silenzio le riconosce ma tace e si consola quando vince la sua squadra del cuore o può progettare una vacanza.

Il mediocre zelante è una maschera del compromesso: cavalca il presente che gli somiglia e forgia il futuro che gli appartiene.

Poi c’è il mediocre per necessità, conosce la situazione ma non vi si oppone perché tiene famiglia, uscire dai ranghi è un lusso per lui.

Ancora ci sono i fustigatori della mediocrazia: pochi ma che potrebbero allearsi con i mediocri in disparte e quelli per necessità.

Dalla loro unione possono nascere movimenti come Occupy o le Primavere arabe. Movimenti che hanno tentato di mettere in discussione il mondo dell’estremo centro. E potrebbero portarsi appresso magari altri mediocri, quelli sgamati che fiutano il vento, e potrebbero conformarsi.

Fin qui abbiamo dato luce alla sfaccettatura del capitalismo assoluto incarnata dalla mediocrazia borghese. Prendendo in considerazione le accezioni negative dell’essere borghese.

Nella prossima stesura racconteremo del borghese illuminato, l’intellettuale che forse non è ancora perduto.

 

alcune fonti

nessuna-differenza-nellattuale-mediocrazia

il_trionfo_della_mediocrazia_spiegato_dal_filosofo_canadese_alain_deneault-

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