Pazze di libertà di Silvia Meconcelli: un romanzo per le donne combattenti.

Pazze di libertà: un romanzo dedicato alle combattenti, che dovrebbero leggere tutti.

Silvia Meconcelli, autrice di Pazze di libertà, dedica il suo romanzo a tutte le donne combattenti del passato, del presente e del futuro.

Nella sua nota di pag 165 scrive:

Cosa accomuna le donne di questo libro è l’urgenza di emanciparsi, di essere sé stesse, senza giudizi né pregiudizi. /La loro metamorfosi è anche la mia. /Per questo le ringrazio insieme a tutte quelle donne che combattono ogni giorno, che si arrabbiano con l’universo perché reclamano la loro libertà…/che aspirano a pensare e agire senza condizionamenti, tutte quelle donne che lottano per ottenere un loro posto nel mondo, non un ruolo imposto dalla società.

Ma “Pazze di libertà” dice ancora tanto altro e lo fa attraverso memoria, esperienza, sofferenza, resistenza e coraggio: per aiutarci a non scordare di aver vissuto già, nelle ossa, una lotta sociale non ancora vinta del tutto.

Questo romanzo è per tutti.

Edito da Alter Ego, il libro scorre veloce e inesorabile come il tempo, catapultando il lettore tra le pieghe di una storia drammaticamente verosimile e ambientata negli anni bui della Resistenza Partigiana: laddove per davvero è esistita una Grosseto bombardata, umiliata e repressa, tormentata dalla dittatura fascista del ventennio.

Nella storia di Maria – principale protagonista – figlia di una famiglia fascista e facoltosa, c’è ancora di più.

Come non fosse già difficoltoso sviluppare un romanzo su queste tracce, Silvia Meconcelli pone particolare attenzione su di un tema trattato di rado: quello della deturpazione della dignità umana nei manicomi.

Lo fa descrivendo i trattamenti e gli stati emotivi all’interno degli ospedali psichiatrici femminili, nel contesto storico della seconda guerra mondiale. In quei luoghi angusti, umidi e senza via di fuga, venivano rinchiuse le ‘sbagliate’: donne e ragazze classificate pazze perché colpevoli di pretendere libero arbitrio e libera opinione. Persone troppo isteriche, ribelli e inadeguate, per essere rispettabili in quella patriarcale, misogina e maschilista società in cui sono nate.

In fondo, possiamo davvero ritenerci culturalmente salve dalla condanna del ruolo sociale adeguato? Alzi la mano, chi non ha mai dovuto farsi spazio, tra le pieghe di un mondo che ti cresce per come dovresti essere, per come dovresti pensare.

 

È proprio dentro una stanza buia e angusta che Maria, si risveglia confusa e disorientata, sporca e senza i suoi lunghi e morbidi capelli. Quasi per sbaglio, ricorda della sua gravidanza e inizia a gridare, gridare, gridare.

Com’era finita lì?

È soltanto dopo molte ore che conosce Flora, compagna di cella ormai rinchiusa da tempo: con lei cerca di trovare un senso alla sua condizione.

<Noi che livello siamo?>

<Noi siamo nel reparto delle alterate>

<Alterate? Ma io non sono alterata!>

<Stai calma, piccina, sennò ti alteri. Per loro sì, lo sei, perché ti vedono sempre agitata, ricordati che non dipende da come sei davvero, dipende da come ti vedono loro>.

Scopre di essere all’inferno: dove vengono praticate le barbarie più riprovevoli. Deve resistere, pensa sia soltanto una questione di tempo e qualcuno capirà che lei non è pazza. La Fata Turchina, l’aiuterà.

Ma i giorni passano puzzolenti, senza speranza, senza dignità. Nel delirio e nell’illusione, scrive a Tata Iole, la domestica coraggiosa che l’aveva cresciuta e alla quale aveva confessato il suo amore segreto per Lucio.

Maria, la figlia del facoltoso avvocato fascista, avrebbe potuto amare liberamente il figlio dissidente del calzolaio?

Lucio, il partigiano che aveva amato e aiutato in veste di staffetta, è fuori da qualche parte e l’unico desiderio di Maria è che arrivi qualcuno a salvarla. Non vuole partorire in quel manicomio.

 

Le voci narranti del romanzo, ricostruiscono la storia di Maria attraverso visioni e stati d’animo che trascinano il lettore dentro la scena presente, oppure nel ricordo, dove emergono particolari determinanti.

Le donne, compresse e schiacciate dal terrore e dalle imposizioni quotidiane, cercano la via per innalzare il diritto ad una libertà pesante quanto la vita stessa. O libertà, o morte.

Un romanzo che commuove e fa riflettere proprio in un momento storico che vede gente senza memoria, reclamare una libertà non troppo scontata.

Siamo figli e figlie di un passato che non deve più tornare e di una nazione scissa, frammentata e sofferente.

Le descrizioni, i dialoghi e i racconti intrecciati di Silvia Meconcelli, s’insinuano nell’anima delle combattenti, ma dovrebbero leggerlo tutti.

Pazze di libertà

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