Salvini e quelle insopportabili similitudini: al di là del bene e del male.

Buonismo e populismo sono le due parole che affannosamente si rincorrono nei titoli dei giornali. Buonismo a sinistra, populismo a destra ma da qualsiasi parte si volga il capo è chiaro che in Italia di questi tempi si sa ciò che Socrate riteneva di non sapere e  tocca scomodare Leo Longanesi per quella lucida quanto attuale descrizione che riassume perfettamente come anche oggi, a distanza di anni, mala tempora correvano e mala tempora currunt:

Fra Facta e Mussolini, il paese aveva già fatto la sua scelta: il primo è un onest’uomo, con due baffi bianchi, ignoto a tutti, incapace di uscire dalla tutela giolittiana; il secondo ha due occhi autoritari, il passo spedito, la voce risoluta. Il primo spera, il secondo vuole, e tutti gli italiani vogliono.

Gli italiani vogliono. Cosa? Tornare sicuri nelle loro tiepide case, direbbe Pavese. Chi non lo vorrebbe? In fondo l’amore per il prossimo è sempre qualcosa di secondario, in parte convenzionalmente e arbitrariamente apparente rispetto al timore per il prossimo. È storia.

Non si tratta più di scegliere tra destra e sinistra perché, come già nel 1994 cantava Gaber, nella profetica canzone destra-sinistra, si scorgeva l’inizio di quella perdita di identità tra i due schieramenti ideologici, in un nebuloso cocktail tra istinto gregario e insopportabile convivenza con il diverso. Si assiste al decadimento dell’organizzazione politica che fa da specchio allo svilimento dell’essere umano catapultandolo pericolosamente nella mediocrità! Giano Bifronte: una babele terribile dovuta all’emancipazione democratica nella quale tutti possono deliberatamente contribuire alla spersonalizzazione. Nietzsche la definirebbe: l’eccessivo lassair aller.

In tutti i tempi, da quando esiste l’essere umano, sono esistiti anche greggi di essere umani e sempre moltissimi che obbediscono rispetto al piccolo numero di coloro che comandano. Oggi questa situazione sussiste davvero in Europa, e io la chiamo l’ipocrisia di colui che comanda.

Di Maio qualche giorno fa ha esordito dicendo “siamo un paese sovrano come loro” riferendosi ai divini cugini francesi, e in tema di assimilazioni, mi sovviene quella presuntuosa volontà di affermazione, che celava l’imbarazzante insicurezza, prima della Grande Guerra, quando si voleva a tutti i costi essere definiti una potenza mondiale. La storia ha sempre risposto. In ogni qual modo, gli Slogan del Ministro degli Interni restano i più pittoreschi: Mangiare italiano, comprare italiano, cucinare italiano è un atto politico. Culto della tradizione, Propaganda, amor di Patria, attaccamento primordiale alla terra, Italica virilità e soprattutto quello scomposto modus operandi che ci ha sempre contraddistinto. La Prosopopea Salviniana è un’altra triste, avvilente pagina che abbiamo deliberatamente scelto di leggere.

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