Venezia 76: Recensione dell’opera “Woman” di Anastasia Mikova e Yann Arthus-Bertrand. “Le donne meritano rispetto. Le donne sono forti. Sempre”.
Woman
Regia: | Anastasia Mikova, Yann Arthus-Bertrand |
Durata: | 104’ |
Lingua: | 26 lingue diverse |
Paesi: | Francia |
Musica: | Armand Amar |
Note: | contributi di Peter Lindbergh, BANDALOOP, Paul Mignot, Denis Lagrange |
Woman è un progetto internazionale che dà voce a duemila donne di cinquanta paesi diversi. Nonostante la vastità del progetto, il film propone un ritratto intimo di coloro che costituiscono metà dell’umanità, e getta luce sulle ingiustizie subite dalle donne in tutto il mondo. Lo scopo principale del film però rimane quello di mostrare la forza interiore e la capacità delle donne di cambiare il mondo, malgrado le innumerevoli difficoltà che devono affrontare. Basato su incontri in prima persona, il film tratta argomenti come la maternità, l’istruzione, il matrimonio o l’indipendenza economica, ma anche le mestruazioni e la sessualità. Gli spettatori scoprono così la voce delle donne, come non l’avevano mai sentita prima.
Recensione
“Woman” è un documentario ma non solo: è storia di vite vere, di emozioni, di dolori e di rinunce.
Duemila le donne intervistate di 50 Paesi differenti. Le loro parole sono divenute “Woman”.
Un documentario che emoziona, fa riflettere e fa sentire orrore per le vicende che alcune di esse sono state costrette a subire.
“La violenza prospera nel silenzio”.
Ciò che colpisce delle donne intervistate sono gli occhi, le espressioni del volto, ancor prima delle parole. Parole che parlano di amore, di dolore, di solitudine e di costrizione.
Ognuno di essa porta la sua esperienza personale: la prima volta che si ha avuto il ciclo mestruale che si è fatto sesso o che si è raggiunto l’orgasmo. Ma anche gli abusi del padre – “ho provato di tutto per scoraggiarlo” – la pratica dell’escissione (l’asportazione della clitoride, praticata sulle fanciulle all’epoca della pubertà, presso alcune popolazioni musulmane e dell’Africa, nonché presso diverse tribù dell’Amazzonia) – “è stato il dolore più intenso della mia vita”.
Sono donne che fanno ogni giorno i conti con la debolezza fisica e il sentirsi costantemente in pericolo (c’è chi conta il numero di donne presenti prima di salire in un taxi) o che hanno dovuto rinunciare a studiare ma anche donne che grazie allo studio si sono salvate.
Si parla di tradimento, di gravidanza e parto e di lavoro.
“Noi donne possiamo!”.
Gli aspetti più crudeli vengono raccontati con occhi onesti: le violenze, gli stupri, la vendita come schiave, le spose bambine.
Un unico appunto riguarda la discrepanza di testimonianze riscontrate tra chi ha avuto dei figli e chi ha scelto di non averne o di abortire: avrebbe fatto piacere ascoltare più di una persona perché è necessario smettere di credere che si sia donna procreando e divenendo madre. Anche in questo è importante che il cinema cambi prospettiva.
“Le donne meritano rispetto. Le donne sono forti. Sempre”.