Caso Diciotti, nell’Italia dell’Est e nell’Europa dei muri

Dopo il caso della “Diciotti” si rafforza il cosiddetto  asse sovranista  tra l’Italia giallo-verde e il gruppo di Visegrad (Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria e Slovacchia), anche grazie all’incontro  tra il primo ministro ungherese Viktor Orban e il ministro dell’Interno italiano Matteo Salvini nella prefettura di Milano e il colloquio  tra il presidente del consiglio italiano Giuseppe Conte e il premier ceco Andrej Babis a Roma.

Sia la vicenda della “Diciotti” che l’asse sovranista dividono l’Esecutivo: prima la “fronda di sinistra” all’interno del Movimento Cinque Stelle contro Salvini, poi la frenata del ministro degli esteri Enzo Moavero Milanesi sul paventato “stop” al versamento dei contributi nel Bilancio UE, minacciato dal vicepremier Luigi Di Maio per tentare di convincere l’Europa ad accogliere le richieste italiane sui migranti.

I fatti raccontano così l’odissea della nave della Guardia Costiera “Umberto Diciotti”,  per giorni bloccata prima in mare in attesa di conoscere un porto dove attraccare, dopo aver soccorso circa 200 migranti in difficoltà e ignorati da Malta, e poi al molo del porto di Catania con a bordo per lo più giovani eritrei malnutriti e in condizioni igienico-sanitarie precarie.

Intanto il  pressing mediatico di Salvini sul caso “Diciotti” non dà i risultati sperati. L’Ue infatti dice “no” alla richiesta dei ricollocamenti dei migranti arrivati a Catania. I “big” europei – Francia, Germania e Spagna – bollano la vicenda come un  “bis” mal gestito del caso Aquarius e come un ricatto. Così al Governo giallo-verde non giovano quei presunti risultati positivi ottenuti al Consiglio Europeo di fine giugno.

Tanto che il ministro dell’Interno è ora indagato – assieme al capo di Gabinetto del Viminale – per sequestro di persona aggravato e abuso di ufficio, dopo l’ispezione del capo procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio sulla nave “Diciotti” ferma nel porto di Catania. Perché dei giovani migranti “palestrati” di Salvini non c’è traccia. Sulla nave ci sono donne – alcune vittime di violenza sessuale – e 27 minori stranieri non accompagnati che, per legge, devono essere accolti dal nostro Paese, che assieme ad alcuni malati di sospetta tubercolosi potranno lasciare la nave solo dopo giorni di polemiche e proteste. Gli altri profughi resteranno sulla “Diciotti fino al 26 agosto,  quando la Chiesa, l’Irlanda e l’Albania si dichiarano disponibili ad accoglierli.

Secondo la Procura di Agrigento Salvini avrebbe trasmesso per messaggio al capo di Gabinetto l’ordine di non far scendere i  migranti dalla “Diciotti”, violando norme interne e internazionali in tema di immigrazione e protezione internazionale. L’ordine è preceduto da un avvertimento all’Europa postato su Twitter.

Salvini approfitta così della disponibilità della Chiesa, dell’Irlanda e dell’Albania (Paese extra europeo) per sbandierare il proprio orgoglio sull’epilogo della “Diciotti”, organizzando ad hoc  colloqui e incontri con i  governanti del gruppo di Visegrad.

L’Italia  sceglie quindi di (ri)puntare verso Est, davanti all’egoismo dimostrato da una parte dell’Europa. Peccato però che, per risolvere il problema dell’immigrazione, “l’Est” da anni promuova egoismo e  muri di filo spinato. Perché il gruppo di Visegrad non ne vuole proprio sapere di migranti e ricollocamenti come del resto l’UE intera.

Chiara Colangelo

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