“Roma è diventata una narcocittà” (Roberto Saviano)

In un articolo su Repubblica, lo scrittore Saviano denuncia il traffico di stupefacenti che ha per centro propulsore la capitale romana.

Gruppi di potere locali romani e criminali sarebbero in affari con ‘ndrangheta e camorra per il giro legato allo spaccio di cocaina. Un solo carico di cocaina frutterebbe agli affaristi malavitosi un miliardo e 300 milioni di euro. È un traffico che ha per base Roma, ma che si diffonde per tutta Europa.

Nel suo articolo Saviano denuncia un triste spaccato dell’economia romana, dove intere filiere di bar, ristoranti e locali sarebbero controllate dalla mafia. Le recenti inchieste delle forze dell’ordine, denominate Tempio e Babylonia, hanno messo in luce questa terribile situazione, scoperchiando un sistema di interessi e di traffico illegale.

Attraverso i contatti con esponenti dell’ndrangheta, si sarebbe costruito un impero criminale con base a Roma. Il porto italiano da cui arrivano ingenti quantitativi di cocaina è Livorno; la scelta di Roma sarebbe stata presa sulla base di una situazione ambientale di relativa tranquillità, dove manca una vera cultura antimafia, consentendo una certa libertà d’azione per l’assenzùa di faide e conflitti.

Roma offrirebbe per Saviano “vastissime possibilità di riciclaggio”.

È, in sostanza, un’economia sommersa, ma che intacca e contagia le nostre vite di tutti i giorni. È una mafia agguerrita, quella romana, che ha importato i metodi del sud, allo scopo di scalare il potere nel mondo del traffico di stupefacenti. Per Saviano “Roma è diventata una narcocittà”. Sono parole dure, quelle dello scrittore, ma che scoperchiano una situazione di malaffare diffuso nella capitale.

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