Recensione del film “Resistance – La voce del silenzio”: “il coraggio non è nient’altro che paura tenuta a bada un minuto di più.”

RESISTANCE

LA VOCE DEL SILENZIO

un film di JONATHAN JAKUBOWICZ

con

JESSE EISENBERG

CLÉMENCE POÉSY

MATTHIAS SCHWEIGHÖFER

FÉLIX MOATI

GEZA ROHRIG

BELLA RAMSEY 

EDGARD RAMIREZ

ED HARRIS

DISTRIBUITO DA VISION DISTRIBUTION e CLOUD 9 FILM

DAL 23 GIUGNO IN ESCLUSIVA SULLE MIGLIORI PIATTAFORME DIGITALI:

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“Il coraggio non è nient’altro che paura tenuta a bada un minuto di più.”

Marcel Mangel, vero nome di Marcel Marceau (Strasburgo, 22 marzo 1923 – Cahors, 22 settembre 2007), è noto per essere uno dei mimi più importanti della storia ma, forse, pochi conoscono la sua vicenda personale, fatta di coraggio, capacità di sopravvivenza e generosità.

“Resistance – La voce del silenzio” del regista Jonathan Jakubowicz, disponibile dal 23 giugno sulle principali piattaforme digitali e distribuito da Vision Distribution e Cloud 9, si ispira al racconto della vita dell’artista e ne narra il suo aspetto più intimo ma, soprattutto, doloroso.

La narrazione ci consente, inizialmente, di osservare un giovane Marcel (Jesse Eisenberg), ancora Mangel, incosciente alla realtà quotidiana che segue, con passione, il suo sogno di diventare un artista, esibendosi nei locali di Strasburgo, nel lontano 1938.

Marcel appare un sognatore, dedito alla sua aspirazione e incurante  di ciò che accade esternamente, a differenza del fratello Alain (Félix Moati) che si dedica attivamente alla vita sociale del Paese, osservando con attenzione la minaccia di Hitler e della guerra pre – annunciata.

Nel frattempo nella Germania nazista, nello stesso anno, il clima è totalmente differente: una bambina ebrea assiste alla morte dei suoi genitori.

Le due storie diverranno complementari perché quella bambina giungerà a Norimberga, con altri centinaia di orfani, alla ricerca della salvezza e di un posto in cui trovare riparo e Marcel si renderà conto che la sua arte può servire per uno scopo più “alto”: per fare del bene.

Marcel compie un cambiamento radicale durante il trascorrere degli anni e il momento in cui acquista consapevolezza di ciò che la realtà rappresenta, diventa, anche, l’istante in cui la sua arte si fa più bella perché vera.

Accanto a Marcel e al fratello Alain, oltre al padre che sembra osteggiare il figlio nel suo desiderio di vivere di arte, troviamo Emma (Cléménce Poesy) e Mila (Vica Kerekes), due sorelle coraggiose e intrepide che dedicano la propria esistenza alla sopravvivenza degli orfani, consapevoli del pericolo ma disposte ad affrontarlo.

Un sorriso appena accennato diviene, per Marcel, motivo di scoperta: l’arte può, non solo essere cambiamento e azione, ma anche far nascere il “non luogo”, plasmato di gioia e spensieratezza.

Quando Hitler minaccia di invadere la Francia, cosa che poi avverrà, nuovamente la vita dei bambini subirà un radicale mutamento: dovranno essere addestrati per sopravvivere.

“Rendere l’invisibile visibile e il visibile invisibile”.

Nel momento in cui la Francia viene invasa da Hitler e Marcel diviene Marceau, i due fratelli si uniranno alla Resistenza francese ma il desiderio di fare del bene prevarrà sulla necessità di vendetta.

Il nemico diretto, nel film, è rappresentato dal crudele Obersturmführer delle SS Klaus Barbie (Matthias Schweighöfer), di cui tuttavia, in modo imprevedibile, lo spettatore osserverà il lato più umano e per questo diverrà ancora più inquietante nel suo essere privo di pietà.

“Resistance – La voce del silenzio” ci consente, anche, di conoscere il rapporto tra Marcel e suo padre. Un’unione basata sull’amore ma anche sulla contestazione finché, nel suo divenire, si trasformerà in complicità.

In un sogno non più represso il regista ci regala il momento più commovente del film.

“Un giorno quando la guerra sarà finita noi potremo esibirci insieme”.

L’interpretazione di Jesse Eisenberg è in grado di far percepire allo spettatore tutta la potenza filmica dell’opera e di dare il necessario pathos ad una vicenda, quella della Seconda Guerra Mondiale, conosciuta ma, non per questo, non necessitante di memoria.

Ciò che rende il lungometraggio un’opera di qualità non è solo la narrazione della guerra ma il connubio tra l’arte e la vita e su come, i due elementi, possano divenire, non solo catarsi, ma “atto attivo di cambiamento e coraggio”. Lo spettatore è in grado, infatti, di percepire la passione insita nel giovane Marcel, la sua capacità di preservarne la bellezza, anche, nell’abominio e l’aspirazione a farla divenire salvezza e futuro, nonostante una storia plasmata di morte e dolore.

La fotografia, così come la musica, sono ben calibrate in una narrazione cruda eppure ricca di poesia in cui le mani diventano altro e trasformano il sogno in concretezza.

“I gruppi di Resistenza francese salvarono un milione e mezzo di bambini, Marcel Marceau ne ha direttamente salvati a centinaia, attraversando le Alpi, e indirettamente a migliaia.

I nazisti uccisero un milione e mezzo di bambini, inclusi i rom e quelli con disabilità fisiche e mentali e un milione di bambini ebrei.”

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